Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Rotocalco (1953)

Leggo sovente sul nostro giornale dei riferimenti ironici al rotocalco. Ma il nostro settimanale «Vie Nuove» non appartiene anche esso al mondo del rotocalco? (Mario Lucetti - Genova)

           Quando si parla o si scrive oggi di «rotocalco» - forma tipica del giornalismo moderno - credo che nessuno più pensi all'aspetto tecnico. La stampa a rotocalco non è una invenzione d'oggi, è vecchia di oltre mezzo secolo e, per quanto riguarda il nostro Paese, basterebbe ricordare l'«Enciclopedia Treccani» e la rivista «Omnibus» di Longanesi per precisare che il «fenomeno rotocalco» non è, dal punto di vista tecnico, un prodotto del dopoguerra neanche in Italia.
           Ma oggi il termine «rotocalco» ha assunto un particolare significato nel mondo della carta stampata; «rotocalco» oggi significa memoriali più o meno autentici di personaggi più o meno illustri, grandi servizi sulle rapine, sul banditismo, sui processi a fondo morboso, stanche fantasie sui «misteri» del Cremlino, dei reporter del giallo politico, pettegolezzi sulle cravatte di Truman ieri e sui fratelli di «Ike» oggi, rifritture biografiche sugli infiniti membri dell'ex famiglia reale italiana, «vita segreta» di questo o di quel pezzo grosso del regime vecchio o del regime nuovo.
           Lo sviluppo del «rotocalco» ha avuto i suoi riflessi anche sulla tiratura dei giornali della stampa politica quotidiana. Statistiche in proposito sarebbe difficile trovarle; è certo, però, che il totale delle copie dei quotidiani diffuse in Italia dopo la rapida espansione del periodo post-liberazione, è andato diminuendo, sino a qualche tempo fa, mentre è andata aumentando la diffusione dei settimanali a «rotocalco». Un «sondaggio» Doxa riferiva che su cento lettori di giornali e riviste circa venti erano clienti in esclusiva del «rotocalco», che l'età dei lettori di tale genere di pubblicazioni trovava la sua massima concentrazione nel periodo 18-35 anni, che la stragrande maggioranza di tali lettori apparteneva al ceto che si definisce medio (secondo il «sondaggio» la categoria degli impiegati è in testa, subito dopo si classificano i datori di lavoro, poi signore e signorine, quindi artigiani e per ultimi, con percentuali bassissime operai e contadini).
           Il «rotocalco» ha svolto dunque una sua particolare funzione di natura qualunquista e a sfondo anticomunista, diretta agli strati meno politicizzati, anzi tendenzialmente irritati verso le forme della vita politica, con un concetto della democrazia molto vago e fortemente inquinato da residui nostalgici, strati che, anche per l'influenza delle letture preferite, il «rotocalco», si sono riaccostati con difficoltà, dopo la lunga parentesi fascista, alle forme sane del dibattito democratico.
           Anche per il «rotocalco» il 1948 ed il periodo immediatamente seguente segnavano la fase trionfale, ma anche sul «rotocalco» ha influito il processo di chiarificazione che si è avuto nel Paese, sia per le conseguenze nefaste della politica clericale sulla vita della Nazione sia per le grandi lotte per la libertà e per l'indipendenza nazionale combattute dalle forze popolari.
           La caduta delle formule dell'inganno governativo e lo sgonfiamento dello spauracchio dell'anticomunismo hanno avuto la loro influenza anche sulla tiratura delle riviste a «rotocalco» le quali per vivere, o per sopravvivere, si sono aggrappate recentemente al sistema delle lotterie, sempre di sicuro successo nel nostro Paese.
           Così dopo il «rotocalco» abbiamo avuto una specie di «totocalco» perché la quasi totalità dei settimanali in questione ha lanciato lotterie.
           Ma la crisi del «rotocalco» è ormai aperta ed è grave perché si è approfondita la crisi del mondo che lo ha espresso e perché è andata franando la piattaforma anticomunista su cui poggiava.
           E il suo riferimento a «Vie Nuove», il bellissimo settimanale diretto dal compagno Longo, è valido per ricordare come si possa essere il «rotocalco» per combattere la mentalità del «rotocalco».




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