Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Marinai sovietici a Genova (1953)

Si afferma che ai marinai delle navi sovietiche che attraccano nel nostro porto è proibito di scendere. Ciò sta per timore che essi non ritornino a bordo, concepiscono certi marinai sia per non far constatare loro il benessere del popolo italiano (F.B. - I.G. e altri numerosi lettori)

           Uno dei lettori che mi hanno scritto su questo argomento ha cercato di portare delle considerazioni concrete. E' scritto in una delle lettere ricevute: «Come mai nelle cronache cittadine non vi è mai un fatto di cui sia protagonista un marinaio sovietico? Leggiamo molto spesso di risse di provocazioni, di molestie originate dal comportamento di marinai stranieri, specialmente americani, di beffe e di truffe di cui sono vittime. E' possibile che ai marinai sovietici non piaccia bere qualche bicchiere del nostro buon vino o trascorrere qualche ora in allegria? Secondo me ai marinai sovietici non accade mai nulla perchè essi non scendono mai a terra».
           Le cose stanno invece diversamente. La realtà è che i marinai sovietici non sono mai protagonisti della cronaca più o meno nera perché essi non dimenticano mai di essere cittadini sovietici, perchè essi sanno di rappresentare all'estero la loro grande Patria socialista e perché essi sono liberi dai veleni della «civiltà occidentale» che tanta materia offrono alle cronache di via Gramsci di Genova o del «bassoporto» di Napoli.
           Ho voluto parlare della questione che stiamo qui trattando direttamente con i marinai del «Jean Jaurès», il piroscafo sovietico attualmente attraccato al Molo Giano. Ho voluto far conoscere ad essi il contenuto delle lettere ricevute e non se ne sono troppo stupiti poiché essi sanno a quali forme giunga la propaganda antisovietica e si rendono anche conto come sia possibile che tale propaganda riesca talvolta ad influenzare anche uomini onesti.
           I marinai del «Jean Jaurès» non mi hanno dato una risposta diretta, essi hanno preferito parlarmi del «Don Carlo» che avevano ascoltato al nostro Teatro Comunale dell'Opera, farmi partecipe della loro gioiosa sorpresa per aver potuto assistere ad una bella rappresentazione dell'«Albergo dei poveri» di Gorki al Teatro Duse, esprimermi la profonda emozione che hanno provata nel visitare il cimitero di Staglieno, «non una città di morti — mi hanno detto — ma una città viva», un cimitero dove non solo hanno trovato tanti esempi di nobilissima arte ma dove hanno visto esaltati i più validi valori umani e nazionali; mi hanno citato il Colle del Risorgimento dove riposa Giuseppe Mazzini e il vasto quadrato che raccoglie, uniti nella morte come lo furono nella vita, i Combattenti caduti nella lotta di liberazione nazionale.
           Sapevano dei nostri Musei — in particolare di Palazzo Bianco — dei nostri Palazzi; conoscevano i punti caratteristici della nostra città, o per averli visitati o perchè ad essi segnalati nelle lezioni ricevute nel corso del viaggio verso Genova.
           Perché dovete sapere, amici lettori, che ai marinai delle navi sovietiche dirette verso un qualsiasi porto del mondo, nel corso del viaggio vengono fatte delle conferenze per la conoscenza della storia del Paese che dovranno visitare e della città che li ospiterà. Non credo di offendere nessuno se affermo che non tutti gli italiani conoscono la storia del nostro Paese come hanno dimostrato di conoscerla i marinai sovietici con i quali ci siamo intrattenuti.
           I marinai sovietici dunque, scendono a terra come tutti gli altri marinai, anzi, proprio perchè siano in condizioni di potersi muovere liberamente nella città, essi hanno ricevuto a Genova la paga in valuta italiana. Ma essi ritengono però nobile e più degno andare a teatro o al cinema (a proposito, mi hanno parlato anche di «Luci della ribalta») o visitare un museo piuttosto che infilarsi in dancing equivoci o sostare nei punti dove la fermentazione della putredine della società capitalistica trova un ambiente particolarmente adatto.
           Voi forse vi stupirete nel sapere che a bordo, nel corso della navigazione, tutti continuano a studiare per ricuperare il tempo perduto per causa della guerra o per prepararsi agli esami per ottenere il titolo di studio delle scuole superiori, il titolo indicato come limite minimo per tutti i cittadini sovietici dal XIX Congresso del Partito Comunista dell'URSS.
           Voi forse vi stupirete nel sapere che a bordo vengono tenuti corsi di marxismo-leninismo le cui lezioni sono impostate - dico impostate e non svolte poiché tali lezioni si svolgono sempre con il metodo della discussione collettiva - a turno dagli allievi. Il giorno che ho visitato la nave era fissata una lezione sull'ultimo scritto del compagno Stalin, «I problemi del socialismo nell'URSS», divisa in cinque tesi assegnate per lo svolgimento a cinque diversi marinai.
           A bordo essi dispongono di biblioteca, di cinema, di dischi, di passatempi e di giochi vari ma, nell'organizzazione della loro giornata, vi è sempre posto per curare l'elevamento del livello culturale e il perfezionamento delle capacita professionali.
           Vi sarà facile capire quindi perchè uomini che procedono nella vita con una tale formazione e che nella cultura oltre che nel lavoro costruiscono non concepiscono «lo scendere a terra» come lo concepiscono certi marinai che così chiassosamente ci fanno sapere della loro presenza.
           E quando ho fatto tradurre ad uno degli ufficiali di bordo la frase «per evitare che essi possano conoscere il benessere del popolo italiano», il mio ospite non mi ha dato alcune risposta. Solo, nel corso della nostra conversazione mi ha detto, ad un certo momento, che la conquista del benessere e della felicità era stata per il popolo sovietico il risultato di una lunga e difficile lotta e che certamente anche il popolo italiano con la sua lotta saprà conquistare il benessere e la felicita. E per le fortune del popolo italiano ha brindato con me, dopo aver riempito i bicchieri di ottimo Chianti.
           Poiché anche ai marinai sovietici piace bere qualche bicchiere di vino buono.




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