Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Le dichiarazioni di De Gasperi su Stalin (1953)

Su quali elementi si è basato De Gasperi per pronunciare le note gravi dichiarazioni all'annuncio della morte di Giuseppe Stalin? (Mario Giannini, Genova)

           Alle ore 2,20 del 6 marzo le telescriventi de L'Unità collegate con l'A.N.S.A. sospendendo improvvisamente le notizie in corso di trasmissione, battevano tre parole: «Stalin è morto».
           E, come se raccogliessero una eco prorompente dalla profondità della terra, dopo qualche istante di sosta, i tasti battevano ancora: «Stalin è morto». Pochi minuti dopo, mentre con la mente sconvolta e con il cuore afferrato da una morsa leggevamo e rileggevamo le tre parole che in quel momento stavano percuotendo tutta l'umanità, le telescriventi ripresero a battere e dinnanzi ai nostri occhi, come prima notizia di commento a quella che ci aveva angosciato, si andavano costruendo le frasi delle dichiarazioni di De Gasperi: «Da vivo, il dittatore non mostrò per il nostro Paese né comprensione né considerazione...»
           Certo mai più ci troveremo ad avvertire un contrasto tanto violento!
           De Gasperi aveva taciuto nel corso delle drammatiche pesanti ore seguite all'improvviso annuncio della grave malattia di Stalin, era stato l'unico capo di governo che non aveva saputo o voluto esprimere un accenno, non diciamo umano, ma almeno convenzionale. De Gasperi non aveva detto nulla ma, a freddo, con cinico calcolo, mentre Stalin era ancora in vita, mentre per la vita di Stalin si levavano l'augurio e la speranza dal cuore di centinaia e centinaia di milioni di creature umane, aveva stilato e trasmesso all'A.N.S.A. il testo delle sue dichiarazioni «da leggere all'annuncio della morte di Stalin».
           Le frasi di De Gasperi, prima ancora che da un onesto giudizio morale e politico sono permeate, nel loro rivoltante cinismo e nel loro livore settario, da questi elementi di fatto che ci siamo trovati a raccogliere, quella notte, assolvendo il nostro compito di giornalisti.
           Per il resto, le affermazioni de De Gasperi appaiono tanto miserabili, tanto più miserabili di fronte alla profonda emozione che si è manifestata in ogni strato del popolo italiano, che non richiedono particolari commenti.
           Due fatti solo vogliamo ricordare:
           1) Da un discorso pronunciato a Roma, al Teatro Brancaccio il 22-7-1944, De Gasperi disse: «Quando vedo che mentre Hitler e Mussolini perseguitavano degli uomini per la loro razza e inventavano quella spaventosa legislazione anti-ebraica che conosciamo e vedo contemporaneamente i russi, composti di 160 razze, cercare la fusione di queste razze, questo tentativo, questo sforzo verso l'unificazione del Consorzio umano, lasciatemi dire: questo è evidentemente universalistico nel senso del Cattolicesimo. E cristiano è anche il formidabile tentativo di accorciare le distanze fra le classi sociali».
           2) Il governo sovietico fu il primo, nel 1944, mentre ancora durava la guerra, a riconoscere la sovranità del nuovo Stato italiano, quello Stato che avrebbe messo in condizione De Gasperi di uscire dalla biblioteca vaticana e di diventare Presidente del Consiglio.
           De Gasperi è smentito da se stesso ed è smentito dalla storia. Nessuno può pretendere che De Gasperi conosca la storia, ma è eccessivo pretendere che conosca almeno se stesso?




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