Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Gli ex fascisti (1953)

Lo scrivente non + un comunista; è anzi un ex ispettore federale di Salò, un ex impiegato del Ministero Difesa-Esercito, licenziato in tronco dal governo democristiano per «motivi disciplinari» mascheranti la ipocrisia inquisizionale dei fattori politici, e non trova nulla di assurdo e di scandalistico — per l'integrità politico-militare — che un ex fascista prenda parte attiva, viva, operante alla continuità del suo ideale, essendo superato dai tempi il presupposto «Patria», ed in un partito che crede più si avvicini alla sua dirittura politica (Luigi E. Accattatis)

           Lei mi perdonerà, Signor Accattatis, se della sua lunga lettera ho riportato solo un periodo ma in esso, credo, è racchiusa la sostanza del suo scritto.
           Il fatto che lei non sia stato riassunto negli Uffici Ministeriali nonostante le qualifiche del suo passato, che oggi rappresentano commendatizie di primo ordine per i nostri governanti, già depone molto a suo favore. Significa almeno che lei non ha voluto sistemarsi, come hanno fatto la maggior parte degli ex fascisti, tra i clericali per continuare ad agire, nell'apparato dello Stato, secondo la «linea» fascista. Ciò, assieme al contenuto della sua lettera, permette l'apertura di un colloquio con lei.
           Lei comprenderà che se ci fermassimo al passato non riusciremmo, noi uomini espressi dalle forze popolari che più hanno sofferto dal fascismo e che più tenacemente hanno lottato contro il fascismo, a colmare il baratro aperto nel trascorso ventennio. E lei comprenderà anche che noi non potremo mai dimenticare il passato, non certo per trascinarci dietro un vecchio odio o un carico di dolorose memorie, ma perchè l'insegnamento che ce ne deriva è estremamente prezioso, perchè le esperienze che abbiamo raccolto nel corso della lunga lotta costituiscono un patrimonio non solo dei comunisti ma di tutta la Nazione.
           Da parte nostra comprendiamo che il fascismo (parlo del fascismo di Mussolini) ha riflessi nella realtà politica di oggi che non dobbiamo ignorare, ha riflessi per il travaglio in cui si trovano numerosi ex-fascisti che vorrebbero partecipare onestamente, quali cittadini italiani, alla vita politica e contribuire alla soluzione dei problemi nazionali ed ha riflessi su tanti giovani sfiduciati dalle insufficienze del presente e che, influenzati da una falsa propaganda, sono portati a guardare indietro. Lei non appartiene alla gioventù disorientata ed ingannata, lei è un ex fascista che non vuole più guardare indietro e il discorso che si può fare con lei è diverso da quello che si farebbe con un giovane neofascista.
           Ma per l'apertura di un tale discorso è necessario chiarire subito qualcosa. Lei parla di «continuità di ideali» e parla di «superamento del presupposto di patria».
           La prima frase mi fa pensare che lei continui a dare una qualche validità all'«ideale fascista», che la demagogia fascista dell'«andare verso il popolo» o del «raccorciare le distanze» o l'ultima truccatura «sociale» del fascismo morente, abbiano lasciato in lei una qualche traccia. Per un ex-fascista, veramente ex e che veramente voglia inserirsi nella lotta democratica del nostro Paese, premessa indispensabile è la conoscenza del fascismo nella sua profonda essenza reazionaria e nella sua natura antinazionale.
           Un ex-fascista che voglia oggi partecipare onestamente ad un dibattito democratico, libero anche da compromessi con se stesso, deve disintossicarsi completamente dalle vecchie suggestioni pseudo-idealistiche e patriottarde, il che richiede una chiara conoscenza del carattere, delle origini, dell'essenza, dello sviluppo del fascismo.
           A tal fine le consiglio di leggere l'articolo «A proposito del fascismo» scritto da Togliatti nel 1928 per la rivista «Internazionale Comunista» e che la rivista «Società» ha molto opportunamente pubblicato in uno dei suoi ultimi numeri (Dicembre 152 - n. 4). E per quanto riguarda il costume del fascismo le consiglio di leggere «Trent'anni dopo» edito dalla rivista il «Ponte» nell'ottobre del 1952. Sono convinto che sarà sufficiente la attenta lettura degli scritti che le ho ricordato per non farle più parlare di «continuità di ideali».
           E per l'altra frase «essendo superato dai tempi il presupposto Patria», che lei, probabilmente, pensa sia particolarmente apprezzata da noi comunisti, non potendo qui farle un discorso esauriente la invito a leggere la pubblicazione di «Rinascita»: «Trent'anni di vita e di lotte del P.C.I.» e spero si convincerà che è stato proprio il profondo amor di patria dei comunisti, il loro legame indistruttibile con la realtà nazionale e con le tradizioni del nostro popolo, nella visione di una solidarietà tra tutti i popoli della terra che hanno costituito il fondamento, sempre, della lotta da essi sostenuta contro il fascismo, lo stesso fondamento della lotta che i comunisti oggi conducono per lo sviluppo della democrazia italiana e per la indipendenza della Patria.
           La conoscenza dell'essenza del fascismo le permetterà di sbarazzarsi di tutto quanto può esserle rimasto di confuso sulla realtà del passato così come la conoscenza della funzione nazionale dei comunisti le consentirà di eliminare alcuni falsi concetti che, alimentati da una propaganda la cui natura le dovrebbe essere ben nota, resistono tenacemente anche in coloro che vorrebbero seguire la nostra azione spogli da ogni preconcetto.
           Il discorso con italiani che si trovano nella sua situazione dev'essere fatto sulla base di una «continuità di ideali».
           Tale «continuità» non esiste neanche per i neofascisti per il semplice motivo che un tale ideale è solo nella retorica dei vecchi e dei nuovi gerarchi fascisti.




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