Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Prigionieri in Russia (1953)

Sono ancora una volta comparsi i manifesti sui prigionieri nell'URSS, ancora una volta si parla di inumanità e di ferocia dei russi. Non si potrebbe fare una grande campagna per costringere finalmente al silenzio i corvi dei Comitati Civici? (Giuseppe Lodi, Genova)

           Contemporaneamente a questa lettera ne ricevevo un'altra da Alassio e, questa volta, la risposta ad un lettore viene da un altro lettore. Eccola:
           Poiché ovunque e tutti i giorni è dato dover ascoltare qualcuno che con tanta sicurezza parla della Russia e riferisce con estrema precisione di arretrati sistemi di vita di quel Paese, e poiché poi, con somma meraviglia si viene a sapere che quel preciso informatore non ha mai visto neppure in cartolina le cose che riporta, sia concesso ad un uomo della strada non iscritto a! partito comunista né ad alcun altro partito e quindi presumibilmente obiettivo di raccontare qualcosa dal vero, un brano di vita vissuta volente o nolente per molti mesi nella terra Ucraina.
           Ero ufficiale dell'esercito quando nei 1941 fui mandato al seguito del C.S.I.R. presso, il 2° autoraggruppamento al Comando di una sezione di autotrasporti militari.
           Avevo vent'anni e nulla sapevo di comunismo perché educato alla scuola dei padri gesuiti e vissuto nel clima della «mistica fascista». Mio padre era ufficiale effettivo e i miei parenti magistrati o professionisti di indiscutibile marchio borghese.
           La Russia era quindi per me la grande sconosciuta o, meglio, la mal conosciuta patria dei bruti, l'inferno dei vivi, il paese dal quale difficilmente sarei ritornato. Sono ritornato invece al termine della campagna con un solo desiderio, come molti possono confermare, per averlo più volte espresso, il desiderio di rivisitarla in panni civili.
           Credevo di trovare laggiù chissà quale pessima razza di bruti o di immorali, ho trovato invece la gente più buona che io abbia mai conosciuta, colta educata e sentimentale, semplice onesta ed affettuosa. Non ho combattuto perchè la mia missione, come sopra ho detto era diversa; e nel lungo viaggiare da un capo all'altro dell'Ucraina ho visitato innumerevoli borghi, paesi e città, ho conosciuto migliaia di persone dalle quali benché nemico, sono sempre stato accolto con cordialità mai riscontrata in nessun altro paese.
           Per il mio temperamento osservatore mi sono soffermato nelle case, ho imparato ad esprimermi nella loro lingua, ho scrutato nella loro intimità, ho studiato il loro carattere, gli usi, la vita privata e sociale.
           Il quadro che mi si presentava non era sempre fedele perché la guerra l'aveva sconvolto e dovevo quindi, sulla base di quanto era rimasto, ricostruire e immaginare anche la parte distrutta.
           Ho visto in ogni casa di semplice contadino, pure in mezzo a tanta rovina biblioteche, strumenti musicali, e icone. Non ho mai conosciuto gente più profondamente religiosa degli Ucraini. Di una religiosità semplice e spoglia ma convinta, sincera e sentita. Non l'esteriorità sfacciata d'altri luoghi, a base di paludamenti e messe in scena sfarzose, ma il culto vero del pope-contadino che tanto più bene fa a chi veramente cerca nella fede il conforto e l'aiuto morale che essa può dare.
           Specie con i giovani contadini ho parlato di mille argomenti diversi trovando generale competenza, interesse ed educazione. Ho visto le piccole case linde in cui ciascuna famiglia conduce la sua vita modesta ma confortevole non assillata dalle nostre diuturne preoccupazioni. Ho visto sia pure i resti di fabbriche enormi, ho parlato con operai ed ex dirigenti ed ho ricevuta la più convincente impressione degli enormi vantaggi morali di quel regime popolare.
           In tutto il tempo in cui sono rimasto laggiù non ho subito un solo atto di violenza tanto che, superata la primitiva prevenzione, ho compiuto il mio servizio sempre disarmato.
           I miei colleghi i miei soldati non possono aver ricevuto impressioni diverse dalle mie. Penso che se noi non fossimo andati fin laggiù mai i Russi avrebbero pensato di farci la guerra perchè essi non nutrivano per noi alcun rancore né alcuna ragione di odio.
           La dimostrazione più semplice è data dal mio soggiorno tranquillo e dagli aiuti morali e materiali che nei momenti più difficili ho ricevuto. Chi sparla della gente d'Ucraina è irriconoscente ed in mala fede.
           Se avessimo trovato un popolo veramente nemico nessuno di noi sarebbe certamente ritornato. (Foti Egidio, Piazza Ferrero 85, Alassio)
           Così parlano gli uomini onesti. Ma non è nei manifesti dei comitati civici, ignobili riproduzioni dei temi nazisti della propaganda di odio tra i popoli che tu, compagno Lodi, potrai ritrovare la parola degli uomini onesti.




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