Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Antiparlamentarismo (1952)

«L'Unità» si affanna a raccogliere il parere di cittadini sulla legge elettorale truffa. Sebbene non interpellato voglio dirti il mio parere. Io sono un antiparlamentarista e considero una perdita di tempo la discussione che si fa in Parlamento: lasciate che facciano la legge, chissà che il popolo italiano non rinsavisca e che non approfitti di una tale legge per scacciare via gli uomini che tanto male hanno fatto all'Italia in questi anni e per portare al governo quelle forze che meritano oggi di governare il Paese, i comunisti e i socialisti! (Antonio Scrivani, Via E. Fassicomo, 16 r, Genova)

           Diceva l'altro giorno il compagno Nenni alla Camera, citando anche qualche riga di lettere ricevute, che il progetto di legge elettorale in discussione ha già avuto il demerito, fra tutti gli altri demeriti, di far risorgere qua e là tendenze romantiche e anarchiche, fra le quali le declamazioni antiparlamentaristiche.
           Lettere di quel tipo pervengono non solo ai deputati ma anche alle redazioni dei giornali e ciò sta a comprovare sia l'emozione che questa legge suscita nel Paese sia il disorientamento che essa, può generare.
           Le gravi responsabilità del partito dominante, e dei dirigenti dei partiti minori che tengono il sacco alla d. c., si esprimono anche nella sfiducia che si va manifestando nel Paese verso gli istituti parlamentari.
           Il tuo antiparlamentarismo è un po' particolare, in verità. E' già apprezzabile il fatto che tu non appartieni alla scuola dell'astensionismo, che è la scuola classica dell'antiparlamentarismo. I partiti dei lavoratori hanno da tempo superato queste forme di estremismo infantile, da tempo essi hanno assunto chiara coscienza — ed è stato questo uno dei grandi risultati dell'opera illuminata compiuta dai grandi rivoluzionari marxisti, da Lenin a Togliatti — che la prima esigenza delle masse popolari è quella di difendere e di usare le libertà democratiche borghesi come piattaforma di sviluppo e di progresso di tutta la vita democratica nazionale. Contro il Parlamento agisce la reazione, hanno agito i fascisti, stanno agendo i clericali, poiché quella tribuna di dibattito democratico è pericolosa per chi deve soffocare ogni energia progressista nel Paese.
           Contro il Parlamento non agiscono i lavoratori, non agiscono i veri democratici: per questo oggi, come già nel 1923, la classe operaia si trova insieme con la parte avanzata della borghesia nella difesa delle libertà costituzionali.
           Tu non sei astensionista, anzi il tuo «antiparlamentarismo» è di natura utilitaria. Tu vuoi essere più furbo di quei furbi gesuiti che hanno elaborato i principii della truffa elettorale e dici: «Lasciamo che essi preparino i trabocchetti, poi ci faremo cadere dentro loro». E addirittura arrivi a pensare che i campioni dei gruppi più reazionari della borghesia italiana possano aver congegnato essi stessi — senza accorgersene, poverini — lo strumento che può essere afferrato dalle forze del lavoro per la conquista legale del potere.
           Tu insomma ci inviti a partecipare al gioco delle tre tavolette tenuto da De Gasperi, con Saragat e c. a far da palo, e credi anche che il «premio» della legge truffa sia a disposizione di chi sarà più in gamba nella competizione truffaldina.
           Il compagno Togliatti alla Camera, interprete anche delle profonde esigenze morali del costume politico del nostro popolo, ha affermato che non si sana un furto incitando anche gli altri a rubare. I «governativi» sono più ladri quando esprimono il proposito di rubare e preparano il piano per effettuare il colpo, noi non saremo mai dei ladri, perchè altrimenti non saremmo le forze che esprimono storicamente la capacità di direzione del Paese.
           Anche ammesso, solo per continuare la nostra discussione, che le forze popolari accettino l'illecito, accettando prima la legge e accettando poi, con la formazione di gruppi di liste apparentate, di concorrere alla conquista del «premio di maggioranza», cosa accadrebbe al nostro Paese? Quale esasperazione avrebbe una lotta elettore a cui la grande borghesia darebbe un tono apocalittico e il cui risultato certamente sarebbe posto dai gruppi dominanti in termini di passaggio del potere da una classe ad un'altra classe? In che forma si esprimerebbe l'intervento dell'apparato dello Stato dominato da tipi come Scelba e come Pacciardi?
           E ammesso ancora che la maggioranza elettorale fosse conquistata dai gruppi apparentati a sinistra, l'investitura diretta del popolo sarebbe sufficiente per un tranquillo e pacifico avvicendamento al Viminale?
           Ecco, da qualunque parte ci mettiamo ad esaminare le prospettive aperte della legge in discussione emerge il suo grave contenuto di lacerazione del Paese.
           Non solo Togliatti e Nenni al Parlamento hanno denunciato l'attentato all'unità nazionale e alla pace interna — oltre che alla pace fra tutti i popoli — che si esprime da una legge che vuol rompere il patto costituzionale, ma anche uomini come Corbino hanno parlato di «frattura irreparabile del Paese».
           Per questo respingiamo di concorrere alla frode, per questo noi lottiamo nel Parlamento e nel Paese contro la legge proposta: il compito di tutti gli italiani, e anche il tuo, caro Scrivani, è oggi quello di partecipare con tutte le proprie energie alla lotta che si conduce per evitare che la legge passi.




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