Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Antifascismi (1952)

Discutendo fra amici sulla figura di Benedetto Croce, mentre qualcuno non voleva credere che nonostante il suo noto antifascismo il grande filosofo non venne molestato dai fascisti, qualche altro è giunto a dire che anche per Gramsci il fascismo usò dei riguardi, facendolo ricoverare in una clinica per cercare di evitarne la morte. Vorrei avere qualche elemento preciso per smentire queste sciocchezze. (Saettone, Cellula Spanò, Sezione Campetto - Genova)

           Croce è morto all'età di 86 anni chiudendo la sua intensa vita secondo la legge della natura. Gramsci è morto all'età di 46 anni, dopo undici anni di agonia in carcere, dopo torture fisiche e morali inenarrabili che, se non riuscirono a piegare il suo grande spirito, troncarono il suo debole corpo: potrebbero essere sufficienti questi semplici elementi di fatto per misurare quanto tragicamente diverso sia stato il prezzo pagato dall'antifascismo di Croce nei confronti di quello di Gramsci.
           Ma la questione, non va ridotta ad una impossibile comparazione di ordine personale o individuale fra le due grandi figure di Croce e di Gramsci. Non si tratta di cercare di misurare la statura morale dell'uno e dell'altro per poterne precisare la differenza, siamo di fronte a diverse posizioni politiche nei confronti del fascismo da cui deriva il diverso atteggiamento del fascismo nei confronti di Gramsci e nei confronti di Croce, proprio perchè non siamo di fronte a valutazioni d'ordine personale sbagliano coloro che ritengono che l'indulgenza di Mussolini verso Croce fosse imposta dalla grande popolarità e dal prestigio mondiale del filosofo abruzzese.
           Mussolini non si è fermato neanche dinnanzi al delitto aperto, quando ha creduto necessario abbattere avversari che giudicava temibili, avversari che godevano anch'essi grande popolarità e grande prestigio. Se Mussolini si è fermato dinnanzi a Croce è perchè l'antifascismo crociano non solo non gli dava fastidio ma poteva risultargli addirittura utile.
           Queste cose sono state già chiarite, il carattere passivo dell'insegnamento di Croce, il suo rinvio alla fede nella libertà e nella storia quando la salvezza della libertà richiedeva una lotta decisa, il suo contributo all'anticomunismo, matrice e nutrice del fascismo, con una polemica di impostazione culturale che, nonostante il tono scadente di fronte a tutta l'altra opera crociana, veniva a portare all'anticomunismo volgare e violento dei fascisti qualche riflesso di dignità intellettuale; tutte queste cose sono state già dette e hanno già chiarito i motivi per cui Croce non ha subito le persecuzioni che hanno dovuto subire tanti altri antifascisti. Per Antonio Gramsci, ovviamente, il discorso è di tutt'altra natura. Per il fondatore del Partito Comunista Italiano, per il «primo marxista italiano», vero, integrale, conseguente - come è stato definito da Togliatti - non potevano esservi tolleranze e tanto meno concessioni.
           Ed è con profonda amarezza che si viene ad apprendere - come ho appreso io leggendo la tua lettera - che vi sono degli italiani che nel delitto consumato dal fascismo nei confronti di Gramsci vogliono trovare momenti di «umanità» e vogliono attribuire a Mussolini chissà quale impulso generoso.
           E' vero, Gramsci morì nella clinica «Quisisana» di Roma, ma in tale clinica venne ricoverato solo quando ormai tutto era distrutto del suo fisico e solo quando l'indignazione che si levò da tutti gli uomini liberi in ogni Paese obbligò Mussolini a tentare di salvarsi dall'accusa di assassinio.
           Il corpo ormai disfatto di Gramsci venne tolto dalla prigione quando la pena inflitta al grande rivoluzionario stava per scadere, ma la cameretta della clinica a lui destinata era ancora una prigione.
           Grosse sbarre erano state poste alla finestra e 18 carabinieri e due poliziotti furono destinati a vigilare quell'uomo che nonostante la distruzione fisica faceva sempre paura al dittatore. La morte avvenne il 23 Aprile del 1937, tre giorni dopo la scadenza della pena, avvenne quando Gramsci era «libero», secondo i registri carcerari.
           Ma Gramsci non avrebbe mai dovuto tornare alla libertà, questa era stata la sentenza di Mussolini e la sentenza venne puntualmente eseguita.




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