Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Caso di coscienza (1952)

Si può ammettere che un iscritto al P.C.I. pur di celebrare il matrimonio col rito religioso rilasci alle autorità ecclesiastiche una dichiarazione in cui si impegni di dimettersi dal Partito ed a cessare ogni attività a favore di organizzazioni di sinistra? (Francesco Sacco, Via Romana, 90-9, Genova, Quinto)

           No, non si può ammettere. Non si può ammettere anzitutto nei confronti di quelle autorità ecclesiastiche che, distaccandosi anche dai più correnti principi morali, ponessero sulla base del ricatto la soluzione di un eventuale disagio spirituale di un cattolico. Un sacerdote che per la celebrazione del matrimonio con il rito religioso ponesse tali condizioni non solo si porrebbe fuori dall'ordine morale, ma si porrebbe fuori anche dall'ordine costituzionale, poiché l'art. 7 della Costituzione repubblicana ha fissato — anche nei confronti della religione — il superamento per i cittadini italiani di ogni incompatibilità di appartenenza o di alleanza ad un qualsiasi Partito politico legale.
           Nei confronti dell'Iscritto al P.C.I. sottoposto a illecite pressioni da parte delle autorità ecclesiastiche, credo sufficiente richiamarmi a quella «fierezza ideale che detta agli uomini liberi ed onesti la resistenza ad illecite pressioni reazionarie e a chiunque tenti di violare la libertà della loro coscienza e della loro condotta» a cui ai richiamava il comunicato della Segreteria del P.C.I. sul «caso Silipo».
           I cattolici che militano nel P.C.I. sanno perfettamente che la loro libertà religiosa non ha mai dovuto subire alcuna limitazione, sanno che nessuna contraddizione viene a turbare la loro coscienza religiosa seguendo ed applicando la linea politica del nostro Partito, sanno anzi che, lottando insieme con tutti gli altri compagni contro le ingiustizie, i privilegi, le corruzioni, lo sfruttamento dell'uomo e schierandosi a fianco della povera gente contro la coalizione dei ricchi, soddisfano anche le loro profonde esigenze di ordine spirituale.
           Si può ben comprendere che particolari condizioni familiari e la possibile minore capacità di resistenza alle intimidazioni e alle pressioni delle autorità ecclesiastiche da parte dei parenti dell'uno o dell'altro dei promessi sposi, possano creare motivi seri di turbamento e di incertezza.
           La strada che deve seguire un uomo onesto non è quella della capitolazione, della mortificazione della propria personalità, della sconfessione dei propri ideali, o peggio, dei taciti compromessi con se stesso, la strada da seguire è quella della fierezza, che deve dare anche la forza e la capacità di raggiungere una chiarificazione.
           Mi auguro che il caso da te prospettato sia teorico. Se un sacerdote agisse nel senso da te indicato il «caso di coscienza» bisognerebbe porlo a lui.




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