Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Riferimento agli atti (1952)

Sono un avvocato e mi interesserebbe molto conoscere tutto lo svolgimento del processo Slanski. Ho letto le più diverse cose su tale processo e vorrei riuscire a farmi un giudizio diretto. (Avv. L. L.)

           Mi dice che ha letto sul processo Slanski le più diverse cose e sono perfettamente convinto che, se le fonti delle sue informazioni, come ho ragione di ritenere da quello che mi scrive, sono state le corrispondenze e i commenti pubblicati sui giornali della catena «atlantica», più che una grande confusione di idee non può averne tratto.
           Ne abbiamo lette di tutti i colori: si è parlato di sortilegio, di forme supremamente eroiche o bassamente vili (indifferentemente, a scelta dei lettori), si è riverniciata la moda ottocentesca del fatalismo slavo, si è barato sul razzismo, si sono riesumate descrizioni di tortura da «Giardino dei supplizi» e vi è stato qualche supremo sciocco — che noi abbiamo diligentemente catalogato nella rubrichetta «Il fesso del giorno» — che è giunto a riprendere lo squalificatissimo tema delle droghe. Qualcuno ha parlato di suicidio morale, poi qualche altro ha voluto arrischiarsi a fare delle acrobazie sulla tesi del suicidio fisico (autoaccusarsi per morire, finalmente...: questa bellissima e suggestiva tesi è del direttore del «Corriere del Popolo», Ortolani) e non poteva infine mancare la vendetta della storia, la Nemesi, portata in scena dal dannunzianesimo di Cavassa.
           Troppa roba, troppa anche per chi ha stomaco buono, troppa anche per i rassegnati lettori di quella stampa. Troppe, troppe spiegazioni: cento spiegazioni non spiegano assolutamente nulla, perchè la spiegazione non può essere che una. E l'unica spiegazione è negli atti del processo, è nelle prove, nelle testimonianze, nelle deposizioni pubblicamente fatte dagli imputati, è nei fatti non nelle fantasie dei servi sciocchi.
           Molto giustamente, e vorrei dirle saggiamente, lei chiede di potersi riferire direttamente agli atti del processo.
           La cosa le sarà possibile, poiché indubbiamente tutti gli atti del processo Slanski saranno pubblicati, anche in lingua italiana, come sono stati pubblicati gli atti di precedenti processi contro traditori della patria svoltisi nei Paesi dove governa il popolo.
           Se lei avrà la cortesia di farmi conoscere il suo recapito, le potrò fare avere le pubblicazioni di alcuni tali processi (Kostov e Raik, ad esempio) che certamente la interesseranno molto.
           Vorrei consigliarle, nell'attesa della pubblicazione degli atti del processo Slanski, di leggere il libro «Scritto sotto la forca» dell'eroe nazionale cecoslovacco Julius Fucik, una delle vittime del tradimento della banda Slanski, impiccato dai nazisti l'8 settembre del 1943. Il libro di Fucik è un documento profondamente umano ma è anche un atto di accusa che solo oggi, sotto questo aspetto, si è potuto pienamente comprendere.
           A pagina 100 è scritto: «Nel febbraio del 1941 veniva arrestato il Comitato Centrale del Partito Comunista della Cecoslovacchia al completo, insieme con il Comitato che in vista di una simile eventualità era stato preparato per sostituirlo. Come sia stato possibile portare al Partito un colpo così formidabilmente duro, ancora rimane, da chiarire con precisione».
           Il processo Slanski ha chiarito tutto con precisione.
           Il processo Slanski ha fatto anche meglio capire l'ultima parola scritta da Fucik: «Vegliate!»




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