Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Socialismo e comunismo (1952)

Ho letto che la formula della società socialista è: «da ciascuno secondo le sue capacità e a ciascuno secondo il suo lavoro», e che la formula della società comunista è: «da ciascuno secondo le sue capacità e a ciascuno secondo i suoi bisogni». Le sarei grato se volesse specificarmi il significato concreto delle due formule. (M. Iacchino, Genova)

           Le assicuro che sono stato molto in forse prima di rispondere, su questa rubrica, alla sua richiesta. Le due famose formule sono la sintesi di tutta una dottrina e solo attraverso la lettura dei testi classici del marxismo-leninismo se ne possono afferrare tutti i vasti e profondi presupposti teorici. Mi sono però convinto che, esaurendo la risposta con delle fredde citazioni bibliografiche, non l'avrei forse neanche incoraggiato alla lettura delle fonti originali.
           Mi fermerò perciò un momento sulle questioni da lei poste e la breve chiacchierata che farò con lei ha soprattutto lo scopo di invitarla ad uno studio più approfondito.
           Alla società socialista si può riferire anche un'altra formula, ancora più semplice di quella che lei ricorda, ed è la formula: «chi non lavora non mangia». Da questa formula fondamentale, che afferma la distruzione delle forme e di parassitismo sociale e di sfruttamento che caratterizzano la società capitalista, trasformandola in «chi lavora mangia» e sviluppandola in «chi più e meglio lavora è messo in grado di soddisfare più e meglio i propri bisogni» si può giungere alla formula socialista da lei ricordata.
           La produzione nella proprietà socialista non è ancora sviluppata al punto da poter coprire completamente tutte le necessità della società. La distribuzione dei prodotti deve perciò avvenire sulla base di un termine di riferimento concreto: per questo nella società socialista la distribuzione dei prodotti viene legata al giustissimo principio che chi più ha contribuito allo sviluppo della produzione — sotto tutti i suoi aspetti scientifici, tecnici, pratici, ecc. — più deve essere messo in grado di raccoglierne i benefici.
           La società socialista è quindi già una società profondamente giusta, perché da una parte elimina ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dall'altra fa protagonista e partecipe l'uomo, come singolo e come componente di una collettività, del processo di sviluppo della società.
           Ma questa forma di società, pur essendo profondamente giusta, pur modificando radicalmente la funzione del lavoratore che da appendice di una macchina, quale è nel sistema capitalista, è portato a intervenire nel processo produttivo come padrone della macchina, non risolve ancora tutti i problemi della vita dei singoli e della collettività. E' necessario passare ad uno stadio superiore, alla società comunista nella quale, fermo restando l'obbligo uguale per tutti di lavorare secondo le proprie capacità, è stabilito il diritto eguale per tutti i lavoratori di essere retribuiti secondo i propri bisogni e non più secondo il proprio lavoro.
           Per questo è necessario anzitutto che il lavoro non sia più un peso per nessuno ma che appaia a tutti come una gioia, come l'esigenza prima dell'esistenza.
           Vale la pena, in proposito, di riportare integralmente le parole di Marx: «Nella fase superiore della società comunista quando sarà scomparso l'asservimento dell'uomo alla divisione del lavoro e il conseguente antagonismo fra lavoro fisico e lavoro intellettuale, quando il lavoro non sarà esclusivamente un mezzo di sussistenza ma diverrà una esigenza primaria di vita, quando di pari passo con lo sviluppo integrale dell'individuo cresceranno anche le forze produttive e tutte le sorgenti della ricchezza collettiva produrranno in pieno, solo allora si potrà superare completamente il ristretto orizzonte del diritto borghese e la società potrà scrivere sulla sua bandiera: da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni».
           E' stato Stalin, particolarmente in un suo recente scritto sui «Problemi economici del socialismo nell'U.R.S.S.», che ha lucidamente chiarito le condizioni che occorre realizzare per preparare il passaggio effettivo dal socialismo al comunismo.
           Proprio in relazione alla trasformazione del lavoro da mezzo di sussistenza a esigenza primordiale del vivere umano è necessario il conseguimento di un grande sviluppo culturale, è necessario che vi sia per tutti la possibilità — anzi l'obbligo — di acquisire una istruzione politecnica in modo che chiunque sia messo in grado di poter scegliere liberamente una professione, è necessario in definitiva il superamento delle differenze sostanziali fra lavoro manuale e lavoro intellettuale.
           Stalin precisa altre condizioni, quali lo sviluppo ininterrotto di tutta la produzione sociale sulla base di una prevalenza della produzione dei beni di produzione sui beni di consumo e l'elevamento a forma di proprietà di tutto il popolo, così come è avvenuto nel settore industriale, anche della proprietà colcosiana, ossia della proprietà cooperativistica dell'agricoltura.
           Il XIX Congresso del P.C.U.S. ha dimostrato che quello che fu un sogno antico dell'umanità sofferente e la previsione scientifica dei geni del socialismo, di Marx, di Engels, di Lenin, di Stalin, si esprime nella realtà di vita e di sviluppo di centinaia di milioni di creature umane.
           Dicevano i pseudo-teorici del capitalismo che il socialismo era un'utopia. Dicono oggi, di fronte alla realtà indiscutibile del socialismo in atto nell'URSS, che il comunismo è una utopia. Non avranno molto da attendere per avere anche nei fatti la risposta che è già nella dottrina.
           Per un primo approfondimento della questione che l'interessa, oltre il già ricordato scritto di Stalin, la invito a leggere "Economia nell'URSS" - Edizioni Sociali, 1950.




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