Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Processo ai diffusori (1952)

Dopo le ripetute assoluzioni dei diffusori de «l'Unità » non mi rendo conto del perchè la Magistratura continui a dar corso alle denuncie presentate per lo stesso motivo dalle autorità di Pubblica Sicurezza. (Benedetto Ferrari, Genova Sestri)

           Vi sono oggi nel nostro Paese molte cose di cui non riusciremmo a renderci conto se non ci riportassimo ad un aspetto generale della nostra situazione politica: all'involuzione dei rapporti democratici imposta dai partiti governativi e più particolarmente dalla tendenza assolutista sempre più aperta del partito dominante, il partito della Democrazia cristiana.
           E' necessario però precisare subito che la Magistratura italiana, come corpo, non può essere ritenuta responsabile di tutto quello che va accadendo, dello stato effettivo di caos che si è creato nei confronti dell'esercizio di determinati diritti politici e sociali i quali da una parte sono riconosciuti dalla Costituzione e dall'altra sono osteggiati dalle autorità governative che, poggiando la loro azione sulle leggi promulgate dal fascismo, si ammantano di una pseudolegalità. Tali legati sono giuridicamente e politicamente incompatibili con le norme costituzionali e non è necessario impaludarsi di dottrinarismo per affermare che esse sono colpite da abrogazione tacita e tanto meno è necessario essere dei giuristi per comprendere l'assurdità e la iniquità del fatto che le leggi della dittatura fascista, quelle che distrussero la vita democratica italiana, vengano contrapposte alla Costituzione repubblicana da un governo che trae la sua formazione e il suo ordinamento proprio da questa Costituzione.
           Tale situazione confusa e contraddittoria, indegna di una Nazione che voglia vantare il minimo di ordine nella vita giuridica e politica collettiva, pesa anche sulla Magistratura italiana che vede intaccato il suo prestigio per cause di cui non può essere chiamata responsabile. Non reca prestigio alla Magistratura che un fatto venga giudicato in modo diverso o addirittura opposto nelle varie città, che nella stessa città un magistrato assolva e e un altro condanni, che nei casi di assoluzione si applichino le formule più varie, pur essendo il fatto giuridicamente sempre lo stesso e sempre uguali le circostanze.
           La mancata traduzione in leggi delle norme costituzionali, la mancata costituzione del Consiglio Superiore della Magistratura che dovrebbe, fra l'altro, assicurare la piena indipendenza dei magistrati dal potere politico sono state denunciate ripetutamente dagli stessi magistrati e ancora recentemente, in modo clamoroso, nel Congresso di Venezia che si è chiuso con le dimissioni di massa del Consiglio direttivo a titolo di protesta contro la mancata applicazione delle norme costituzionali.
           Ma questa situazione pertanto non deve recare troppa meraviglia, se nonostante le ripetute assoluzioni, si siano continuati a celebrare processi contro cittadini che, esercitando i diritti dell'art. 21 della Costituzione, diffondono il giornale del nostro Partito. E neanche deve recare troppa meraviglia il fatto che siano portati alla sbarra solo i diffusori dell'Unità, quando non c'è famiglia che non riceva la visita di indisturbati diffusori di stampa parrocchiale, e quando il «Popolo», quotidiano ufficiale della D.C. ha lanciato recentemente una giornata della diffusione sul cui esito l'unica cosa certa è che nessuno dei diffusori del «Popolo» si troverà dinanzi alla Magistratura.
           Il Prefetto di Genova, come credo tutti i prefetti d'Italia, in seguito a disposizioni emanate da Scelba, ha emesso nell'aprile del 1950 una ordinanza che vieta la diffusione della stampa da parte di cittadini per i soliti «motivi di ordine pubblico».
           Sulla base di tale illegale ordinanza la Questura ha continuato a denunciare questo o quel diffusore (in verità con zelo e convinzione decrescenti), i magistrati hanno continuato ad assolvere e i Procuratori della Repubblica hanno continuato a ricorrere alla Cassazione contro le assoluzioni, poiché così è stato disposto dal Ministro della Giustizia. D'altra parte i nostri bravi diffusori, convinti di esercitare un indiscutibile diritto, non hanno mai ceduto alle illegali intimidazioni e perciò, in questi beati tempi di «democrazia integrale», come i clericali vanno battezzando le loro procedure fasciste, cose estremamente serie possono sembrare scene da operette.
           Per tutto ciò non dobbiamo limitarci a manifestare stupore e indignazione. Dobbiamo anzitutto far conoscere a tutti gli italiani da che parte vengono gli attentati alla legalità costituzionale.
           Ma soprattutto dobbiamo lottare con crescente fermezza e con maggiore decisione per sbarrare la strada all'assolutismo clericale.




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