Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Produttività americana (1952)

La posizione assunta dalla C.G.I.L. sulla campagna della produttività lanciata dal governo può apparire imposta dall'esigenza per essa di essere sempre all'opposizione. Se si riesce ad aumentare la produzione non è ciò sempre un bene per tutti? (Giacomo Sorentino)

           Nel numero di domenica scorsa il nostro giornale ha pubblicato un documento della C.G.I.L. che, a mio giudizio, chiarisce definitivamente ed esaurientemente la posizione assunta dalla grande organizzazione sindacale unitaria di fronte alla campagna della cosidetta «produttività». Potrebbe perciò apparire superfluo riprendere, a pochi giorni di distanza, questo argomento, ma il modo come è stata presentata la domanda mi ha convinto a scegliere questa lettera fra le altre che attendono la risposta.
           La propaganda americana tenta di creare nella pubblica opinione italiana la convinzione che l'opposizione democratica nel nostro Paese agisce solo per sabotare le «belle e costruttive» iniziative del nostro «atlantico» governo: tutto andrebbe bene nel nostro Paese se non vi fossero i partiti dei lavoratori, se non vi fossero le organizzazioni sindacali In Italia. Questa, in definitiva, è la tesi di marca tipicamente fascista sull'antinazionalità delle forze del lavoro organizzate e crediamo che sia sufficiente richiamarsi a quanto è accaduto nel nostro Paese negli anni del periodo fascista per avvertirne tutta la sua falsità e la sua antistoricità.
           Ma, tant'è, come i vestiti vecchi e sdruciti possono far comodo a chi non ne possiede altri, così gli argomenti più logori e più stanchi possono sembrare utili a chi non sa e non può trovarne altri che abbiano una qualche validità.
           Vediamo un momento questa questione della «produttività».
           Anzitutto, non le sembra almeno un po' strano che si esca fuori con la campagna della «produttività» nel momento in cui centinaia di fabbriche si chiudono, in cui vi è una paurosa caduta in tutti i consumi, cominciando da quelli fondamentali per l'esistenza (è sufficiente ricordare, in proposito, la profonda crisi dell'industria tessile e della produzione agricola), nel momento in cui, evidentemente, il problema più pressante è quello di aumentare la capacità di acquisto dei lavoratori, come punto di partenza per ridare tono a slancio alla produzione? Cosa vuol dire aumentare la «produttività» nei nostri grandi complessi il cui carico di lavoro è lontanissimo dalla potenzialità produttiva sulla base della loro attuale organizzazione?
           E poi, quali sono i termini di questa produttività «Made in USA?».
           La C.G.I.L. è perfettamente d'accordo sulla esigenza di una maggiore produttività nazionale, ma essa deve essere impostata in giusti termini economico-sociali. L'aumento della produttività richiede un maggiore investimento di capitale, un rimodernamento degli impianti, una buona organizzazione del lavoro; l'aumento della produttività ha come presupposto l'elevamento del rendimento fisico ed intellettuale del lavoratore, sottraendolo alle condizioni di brutale fatica e di bestiale sfruttamento in cui viene ancora tenuto in tante fabbriche italiane con impianti antiquati.
           La «produttività» di cui parlano gli americani e di cui si sono fatti solerti e chiassosi propagandisti i nostri governanti e i dirigenti dei sindacati scissionisti è ben altra cosa. Essa parte dalla impossibilità — nelle attuali condizioni della nostra economia - di aumentare gli investimenti di capitale, della necessità per gli Stati Uniti di ridurre il volume dei famosi «aiuti» e tenta di soddisfare le esigenze della politica del riarmo attraverso un maggior sfruttamento dei lavoratori.
           Gli americani e i loro procuratori in Italia vogliono riversare esclusivamente sulle grandi masse lavoratrici le conseguenze della rovinosa politica che essi hanno imposto. Non parlano di un piano di piena occupazione, non presentano un piano di ricostruzione e di rinascita del Paese da cui scaturirebbero le condizioni economiche e sociali dell'aumento della produttività, respingono — finché possono e quanto possono — le giuste richieste di adeguamento dei salari al costo della vita. Essi parlano di «razionalizzazione del lavoro» nell'interno delle fabbriche, dell'introduzione nei nostri stabilimenti di tecnici americani specialisti nell'organizzazione dello sfruttamento dei lavoratori e, naturalmente, parlano di bandire ogni aspetto di vita politica e sindacale dai luoghi di lavoro, ossia di togliere ai lavoratori quelle libertà fondamentali che permettono ad essi di difendere non solo i propri interessi ma anche la propria dignità di uomini e di italiani.
           Una tale «produttività» significa aumento della disoccupazione poiché si tratta, restando fermi gli investimenti e le attuali strutture tecniche industriali, di sfruttare al massimo i lavoratori già occupati, e di aumentare quindi le famose «esuberanze» di personale.
           Una tale «produttività», date le condizioni di sottoconsumo esistenti nel nostro mercato, non può che essere applicata ai beni improduttivi, ai beni non destinati al consumo o destinati al più terribile dei consumi, ossia alla produzione di guerra.
           La posizione assunta dalla C.G.I.L. non è quindi soltanto giusta nei riguardi dei diritti dei propri organizzati, è una posizione di difesa degli interessi di tutta la Nazione ed è profondamente patriottica perchè difende anche la dignità del nostri tecnici e dei nostri lavoratori ai quali si vorrebbe imporre la tutela di scagnozzi americani, come se fossero degli scolaretti indisciplinati e negligenti.
           La C.G.I.L. non si limita a smascherare l'inganno della tesi americana della «produttività», ma presenta essa stessa un serio e concreto piano di rinascita e quindi di vera produttività, piano che si sta perfezionando in questi giorni, attraverso le migliaia di assemblee che in tutta Italia i lavoratori vanno tenendo in preparazione del loro congresso, Segua questo grande esempio di vita democratica, non avrà più alcun dubbio sul valore nazionale della lotta che sfa conducendo la Gloriosa organizzazione unitaria dei lavoratori italiani.




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