Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Cose “incredibili” (1952)

Mi è stato detto che all'armatore Messina di Genova è stata impedita, da parte degli organi responsabili, la costruzione di navi per l'URSS. Ho accolto la notizia con scetticismo. (Sante Torrazza – Spianata Castelletto n. 9/1/A – Genova) / Ho discusso con un avvocato socialdemocratico di Savona la questione delle navi trattate dall'armatore Messina alla Conferenza Economica di Mosca. Egli ha messo in dubbio le dichiarazioni fatte dall'armatore. (Luigi Canavese – Via Rivarolo 5-12 – Genova Rivarolo)

           Quanto sta accadendo ai Cantieri del Mediterraneo (CAMED) di Pietra Ligure, il cui titolare è l'armatore Ignazio Messina di Genova, è talmente al di fuori del senso comune per cui possono non stupire gli scetticismi e le incredulità di coloro che non conoscono nella sua realtà il grado di dipendenza della vita economica italiana alla volontà dei padroni americani.
           Può sembrare incredibile alla gente onesta che ancora crede al “liberismo” del regime capitalistico che un armatore di un qualsiasi Paese faccia un lungo viaggio per cercare di allargare la cerchia dei propri affari, concluda effettivamente degli affari per diversi miliardi, assicuri per lui dei buoni guadagni e per centinaia di famiglie di lavoratori il pane per qualche anno e che il “patrio” governo di quell'armatore, governo esaltatore e difensore del capitalismo, impedisca la conclusione di un normalissimo atto dell'economia capitalistica.
           Può sembrare incredibile che organi responsabili di un Paese socialista, come l'Unione Sovietica, invitino a Mosca dei rappresentanti del capitalismo d'Europa e d'America, offrano ad essi larghe possibilità di lavoro e di scambi e che il governo di un Paese, come l'Italia, nel quale dominano le forze del grande capitale impedisca che le nostre industrie lavorino per l'esportazione. E ancor più inverosimile può apparire la cosa quando si afferma che un'industria italiana è costretta a smobilitare per mancanza di commesse nazionali di lavoro e che si aumentano le infinite e doloranti schiere dei disoccupati italiani nonostante che quell'industria potrebbe lavorare a pieno regime per commesse ricevute dall'estero.
           Tanto inverosimile, che quell'egregio avvocato savonese, la cui appartenenza al partito socialdemocratico non dovrebbe però impedire la normale comprensione delle cose, arriva a mettere in dubbio non diciamo le nostre affermazioni (esse avrebbero il grave difetto di essere espresse da comunisti...) ma le pubbliche affermazioni di un armatore, di un rappresentante del mondo capitalistico che personalmente, a Mosca, ha trattato i propri affari. Prego il compagno Canavese di far leggere all'avvocato che non vuol credere quanto ha dichiarato l'armatore Messina all'Unità nell'intervista pubblicata nel nostro giornale il 27 aprile u.s. e quanto hanno dichiarato numerosi altri industriali di ogni Paese del mondo sulle enormi possibilità di scambi economici con l'Unione Sovietica, con la Cina, con i Paesi di democrazia popolare: se qualcuno non crede ancora, la cosa non riguarda il nostro giornale, riguarda quegli egregi signori che sarebbero tutti dei mentitori.
           D'altra parte Pietra Ligure è molto distante da Genova e ancor meno lo è da Savona e le vive testimonianze della politica economica autolesionista del nostro governo sono lì, dinnanzi a tutti.
           I cantieri della bella cittadina ligure hanno gli scali vuoti, l'azienda si trova già, di fatto, in stato di liquidazione: 417 operai e 49 impiegati dal 25 luglio non godono più di alcun trattamento economico anche se, uniti a tutta la popolazione, continuano la loro lotta patriottica per la salvezza dei cantieri. Secondo gli accordi fissati a Mosca dall'armatore Messina, sei navi per l'U.R.S.S., del tipo di quelle già precedentemente costruite negli stessi cantieri e che sono state vivamente apprezzate dalle autorità sovietiche, saggio delle altissime qualità dei nostri tecnici e dei nostri operai, potrebbero riempire quegli scali deserti, dodici miliardi di lire potrebbero entrare nel circolo economico della nostra zona, ma... ma c'è la “cortina di ferro”...
           E non si tratta solo dei cantieri di Pietra Ligure, si tratta di tutti gli altri cantieri italiani, delle nostre fabbriche tessili precipitate in una paurosa crisi per la caduta del consumo interno, della nostra industria meccanica paralizzata, della nostra tipica produzione agricola, bloccata e svilita nei luoghi di produzione.
           Da una parte si chiudono fabbriche e cantieri, la crisi si abbatte sulla produzione agricola italiana destinata al consumo internazionale, dall'altra i Paesi guidati sulla strada della pace e del benessere dei popoli chiedono l'apporto delle nostre industrie e dei nostri prodotti; ma... ma la classe dirigente italiana alimenta la nostra esausta economia con Conferenze come quella recente di Genova sul commercio “europeo” nella quale degli americanizzati sino alle midolla tipo Ivan Matteo Lombardo affermano che “non è serio illudersi sui mercati al di là della cortina di ferro e dell'Asia bolscevizzata”.
           Non è serio voler produrre e lavorare, è serio, secondo i nostri padroni, di oggi, distruggere la nostra economia e gettare alla fame i lavoratori italiani.




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