Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Sindacalismo americano (1952)

La stampa borghese esalta sempre il “modo di vita” americano e afferma che gli operai americani sono i primi difensori del sistema capitalistico. Qual'è la situazione del movimento sindacale negli Stati Uniti? (Antonio D'Oberti – Via Parma 10-7, Genova Pegli)

           Il movimento sindacale americano ha alcune caratteristiche che derivano dalla struttura del capitalismo degli Stati Uniti alla quale è necessario richiamarsi rapidamente. Tu sai che esiste tutta una vasta letteratura sulla cosiddetta “eccezionalità” del capitalismo americano, il quale sarebbe in grado di assicurare permanentemente un elevato standard di vita alle masse lavoratrici e quindi, secondo una corrente formula dei pennivendoli di ogni parallelo, di tener lontano dal “virus rivoluzionario” la classe operaia di quel paese. Scioccamente i “politici” della borghesia italiana – e recentemente il compagno Togliatti è stato costretto a commiserare pubblicamente il “povero La Malfa” che non aveva mancato di fare il riferimento d'obbligo all'America immune dal comunismo – indicano l'americanismo quale sicura e tranquilla soluzione dei contrasti sociali.
           La faccenda degli Stati Uniti che non avrebbe classi e che quindi non avrebbe lotta di classe fa parte di quel bagaglio di grossolane sciocchezze che, con apparenza di serietà, vengono teorizzate dai “colti professori” asserviti agli imperialisti e che dovrebbero servire a soffocare lo spirito di lotta degli sfruttati e degli oppressi di qua e di là dall'Atlantico.
           La realtà è che anche negli Stati Uniti, e non potrebbe essere altrimenti, gli interessi dei lavoratori sono antitetici a quelli dei capitalisti, anche negli Stati Uniti le contraddizioni del capitalismo sboccano in paurose crisi (quella del 1929 ha distrutto una ricchezza di 300 miliardi di dollari – il costo di una guerra – e ha creato 17 milioni di disoccupati), anche negli Stati Uniti, anzi soprattutto negli Stati Uniti, la concentrazione del capitale accentua i contrasti sociali e assicura alle oligarchie finanziarie il dominio assoluto di tutti i poteri pubblici.
           La superstite potenza del capitalismo americano di fronte al logoramento del capitalismo europeo non deriva da una “eccezionalità” di quel sistema, ma dalle condizioni storiche nelle quali esso si è sviluppato, così come la sua decadenza e il suo crollo si manifesteranno in condizioni storiche diverse da quelle che sono alla base della decadenza in atto del capitalismo europeo. Il capitalismo americano si è potuto sviluppare in un paese grande come un continente, libero di barriere doganali, dotato di enormi ricchezze naturali, senza le bardature feudali che tanto hanno bloccato il progresso in Europa, che è sempre sfuggito alle immani distruzioni delle guerre e che hanno straziato il vecchio Continente, la cui classe operaia ha avuto una eterogeneità di formazione per le varie influenze di gruppi di immigrati di ogni nazionalità e di ogni origine sociale e religiosa.
           Le stesse condizioni storiche hanno agito sullo sviluppo del movimento operaio in America che ancora oggi si differenzia da quello dei paesi europei ma che, nella sua costante evoluzione e maturazione, si trova già sulla strada maestra della lotta di classe.
           Negli Stati Uniti la “prosperità” del capitalismo, creata soprattutto dagli enormi profitti delle produzioni belliche e dalle riparazioni delle distruzioni di guerra in Europa, ha toccato anche vasti strati di lavoratori e la grande illusione della “eccezionalità” del capitalismo americano ha potuto agire anche sulle masse lavoratrici. Per questo il movimento operaio americano, pur avendo dimostrato una grande forza e una grande combattività e pur avendo sostenuto e vinto lotte veramente epiche, si muove ancora oggi su un piano essenzialmente economistico, sulla base di un sindacalismo “vecchia maniera” poiché la classe operaia americana non riesce ancora a contrapporre una propria ideologia alla ideologia capitalistica.
           Inoltre le due grandi organizzazioni sindacali l'A.F.L. (American Federation of Labor, fondata nel 1881) e il C.I.O. (Congress of Industrian Organisation, nata nel 1938 dalla scissione della cosidetta ala progressista del vecchio ceppo dell'AFL spiccatamente reazionaria) sono nelle mani di dirigenti che accettano l'indirizzo imperialistico del capitale americano.
           Il CIO rispetto alla AFL avrebbe dovuto rappresentare un movimento più avanzato ma, dopo la seconda guerra mondiale, anch'esso è caduto nelle mani di dirigenti sensibili agli allettamenti e alle pressioni dei monopolisti per cui la grande forza potenziale contenuta nei sindacati americani non ha potuto finora esprimersi nella sua pienezza.
           Ma anche negli Stati Uniti maturano le condizioni che dovranno portare la classe operaia americana all'adempimento della sua missione storica di guida di tutta la nazione. L'operaio americano vive ora lo stesso periodo di evoluzione vissuto dall'operaio inglese il quale ha già acquisita la grande e sicura prospettiva del socialismo mentre nel passato si dicevano di esso le stesse cose che si dicono oggi del suo fratello americano.
           I grandi scioperi dello scorso anno dei portuali americani e quelli in atto dei lavoratori dell'industria – per ricordare solo alcuni fatti più salienti -, scioperi che sono stati imposti dalla base contro la volontà dei dirigenti sindacali manovrati dai capitalisti dimostrano come le masse lavoratrici americane stanno assumendo coscienza della propria forza e stanno svincolandosi dalle illusioni capitalistiche.




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