Vorrei sapere perché si è ritenuto opportuno istituire una divisa per i minatori sovietici. E' essa obbligatoria? (Mario Bracci – Genova)

           Probabilmente la sua domanda deriva da quel gruppo di calunnie antisovietiche che vorrebbero far confondere le idee sulla pianificazione economica e che vorrebbero far sgranare tanto d'occhi sulla pianificazione del modo di vestire, di mangiare, di divertirsi, ecc., che esisterebbe nell'Unione Sovietica.
           Tali calunnie – a cui l'intelligenza dei produttori americani ha voluto persino dedicare un film come Ninoska il cui unico risultato è stato l'avvilimento dell'arte di Greta Garbo – non hanno ormai più neanche il gusto della barzelletta e non vengono più raccolte nemmeno negli avanspettacoli dei cinema di terza visione.
           In quanto ai minatori sovietici, però, qualcosa c'è da dire. E' vero che essi hanno una “divisa”: è la completa attrezzatura di cui dispongono (dalla tuta di stoffa speciale, agli stivaloni, alle lampade di sicurezza, alle maschere antigas) per compiere il loro difficile e pericoloso lavoro in condizioni di assoluta sicurezza. Avremmo voluto che di una tale “divisa” fossero forniti i minatori della galleria di Mignano che, nella recente tremenda sciagura, sono morti per asfissia non disponendo della maschera antigas.
           La “divisa” del minatore sovietico, lavoratore dello Stato socialista che per la qualità del lavoro a cui è addetto gode dei più alti salari e delle più larghe provvidenze, è spesso integrata da un'automobile Moskovic (molti minatori del Donbass giungono a guadagnare seimila rubli al mese e tale è il prezzo nell'URSS di una vettura utilitaria) e da una casetta di sua proprietà. Su quella “divisa” è facile anche vedere delle decorazioni: sono i segni dei “laureati del premio Stalin” e degli “eroi del lavoro socialisti” che molti minatori conquistano con la loro intelligenza ed entusiasta fatica.