Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


“Dedicato agli statali” (1952)

Sono statale e mi è capitato di leggere sul “Lavoro Illustrato” l'articolo che ti accludo ritagliato, a firma di un certo Enrico Fiorini di Forlì, verso il quale provo pena e nausea. L'unica giustificazione che posso concedere all'autore è che le sue parole sono conformi alla concezione che l'attuale governo ha dimostrato di avere dei suoi più diretti collaboratori. (Bruno Santi – Genova)

           E' bene anzitutto far conoscere ai lettori la parte essenziale dell'articolo che giustamente ti ha tanto indignato e che è stato pubblicato con il titolo di “Dedicato agli statali”.
           Scrive il signor Fiorini: “E' ora di finirla con gli statali che sono la rovina della nazione, i sanguisuga del popolo italiano, incoscienti come gli industriali; si lamentano proprio coloro che hanno tredici mesi all'anno sicuri, coloro che vivono pacifici e tranquilli sicuri di non avere crisi di lavoro durante l'anno, si lamentano solo perché non possono comprare la pelliccia da 100 mila e più lire alla moglie, perché vorrebbero avere la macchina invece della Vespa o Lambretta, perché vorrebbero tenere la famiglia al mare due mesi invece di uno...”.
           Ora vedi, caro Santi, che qualcuno in Italia di questi tempi pensi e scriva certe cose non può stupire troppo, dopo quello che è accaduto alla Camera. Le frasi che mi hai segnalato, nonostante il gesuitico inciso relativo agli industriali, riecheggiano le dichiarazioni di Vanoni alla Camera nella seduta del 30 gennaio scorso e pertanto i sentimenti che esprimi verso il signor Fiorini spettano più meritatamente al suo maggiore, al ministro Vanoni.
           Qualcosa di simile avevamo letto qualche settimana fa nel numero 1 del 1952 della rivista “Tempo” in una risposta del direttore ad un tale che si lagnava delle difficoltà incontrate per entrare in comunicazione telefonica con il Ministero degli Interni di Roma. Invece di denunciare l'arretratezza degli impianti tecnici di tutti gli organi pubblici, il bravo direttore di “Tempo” se la prendeva con gli impiegati scrivendo: “Non sa che i telefoni dei Ministeri servono precipuamente alle conversazioni private degli impiegati che, poveretti, dopo aver letto il giornale e compilato le schedine del Totocalcio e discussa la situazione in classifica della squadra del loro cuore non saprebbero come altrimenti ammazzare il tempo? (Si sa che le pratiche dentro le cartelle dormono di un sonno così duro che queste conversazioni non possono destarle)”.
           Tu forse non ti meravigli che “Tempo” scriva di queste cose, ma ti meravigli che le scriva una rivista che ha osato intitolarsi al lavoro. Ma tu certamente sai che si tratta di una pubblicazione dei sindacati “liberi” diffusa gratuitamente a piene mani, si tratta in definitiva di una pubblicazione americana che ha nulla a che fare con i lavoratori italiani ma molto con i padroni di qua e di là dell'Atlantico. I quali padroni hanno cento e uno motivi per disprezzare i dipendenti dello Stato italiano che, con la loro grande lotta, hanno obbligato il governo a mostrare al popolo italiano fino a che punto esso è bloccato nella propria azione della politica atlantica, la politica del riarmo e della miseria.
           Anche il libello dei Sindacati “liberi” serve, con scritti come quello che mi hai segnalato, a chiarire qualche idea a qualcuno.




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