Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


“Leninisti” della D.C. (1952)

Il “Corriere del Pomeriggio” nel suo numero del 14 gennaio, riferendosi alla sua lettera “Tradizione”, cita alcune frasi di Lenin dalle quali risulta una posizione leninista ben diversa da quella che, secondo lei, orienta i comunisti nei rapporti fra passato e avvenire. Perché “l'Unità” non ha chiarito la questione? Forse perché le sarebbe stato difficile smentire Lenin. (Filippo Trotti – Genova)

           Il trafiletto che il Corriere del Pomeriggio volle dedicarci avrebbe potuto interessarci se almeno avesse avuto il merito della originalità. Anzi avremmo anche potuto rilevare con soddisfazione la cultura leninista dei nostri colleghi del giornale della DC genovese, se quelle citazioni non fossero state fatte, ohibò, da logori opuscoli dell'anticomunismo dei Comitati Civici nei quali Marx, Engels, Lenin, Stalin, Togliatti, hanno l'onore di trovarsi ampiamente ricordati con citazioni di frasi di loro scritti o di loro discorsi, abilmente isolate da tutto un ragionamento e senza alcun richiamo alla situazione storica a cui si riferisce l'analisi dello scrittore o dell'oratore.
           Le frasi di Lenin, citate nel Corriere del Pomeriggio (la prima “Un comunista deve essere pronto a compiere ogni sacrificio e, se necessario, a ricorrere ad ogni tipo di accorgimenti e stratagemmi, ad impiegare metodi illegali, a celare la verità per infiltrarsi nei sindacati, consolidarvisi e svolgervi attività rivoluzionaria”, e l'altra “L'unica questione da prendere in esame può essere quella di utilizzare le istituzioni dello Stato borghese per la loro distruzione”) hanno da tempo fatto il giro di tutti i bollettini parrocchiali e credo che ormai non abbiano neanche più il potere di spaventare le beghine e i sacrestani. Pure il Corriere del Pomeriggio, campione dell'anticomunismo immobile, le riprende con aria di scoperta e di furbesco compiacimento, come se ci avesse preso con le mani nel sacco.
           Affinché lei possa avere gli elementi completi per valutare il significato delle affermazioni di Lenin, non vi è altro mezzo che la intera lettura dell'opera da cui esse – con qualche deformazione che non vale neanche la pena di rilevare – sono tratte. Si tratta di “L'estremismo, malattia infantile del comunismo” (in Opere Scelte di Lenin, vol. II) in cui, particolarmente nei due capitoli “I rivoluzionari devono lavorare nei sindacati reazionari?” e “Si deve partecipare ai parlamenti borghesi?”, il preteso significato negativo e distruttivo che da parte dei portavoce della reazione si vuol dare ai ricordati concetti, le apparirà nel suo profondo valore positivo e costruttivo per il progresso dell'umanità.
           Lo scritto di Lenin sull'estremismo (che è del 1920) è stato fondamentale per orientare giustamente la lotta della classe operaia in Europa e nel mondo nella fase imperialistica del capitalismo; a 30 anni dalla sua pubblicazione è nella storia stessa che si trova la conferma della giustezza delle concezioni leniniste.
           Io la invito anche a riferirsi all'azione del P.C.I., che all'inizio della sua vita politica dovette superare una difficile fase di chiarificazione del suo interno per liberarsi dalle posizioni estremiste di cui parla Lenin. Sin dal momento in cui i deputati comunisti, guidati da Antonio Gramsci, tornarono in Parlamento dopo il delitto Matteotti, staccandosi dal nullismo aventiniano, fu chiaramente annunciato ai fascisti già al potere e a tutto il Paese che la classe operaia italiana non avrebbe mai disertato il campo, avrebbe lottato nell'interno stesso delle istituzioni fasciste per abbatterle e per far riprendere al popolo italiano la marcia verso il progresso. Fu proprio sulla base dei principi leninisti che il PCI ebbe la sua grande svolta al IV Congresso tenutosi a Colonia nell'aprile del 1931. Liberatisi dagli opportunisti di sinistra e di destra, i comunisti furono in grado di affrontare decisamente i compiti nuovi imposti dalla situazione, si gettarono coraggiosamente nella lotta nell'interno del Paese e guidarono il popolo italiano verso la liberazione dalla tirannide fascista.
           Ricordi ai “leninisti” del Corriere del Pomeriggio, con i quali penso lei abbia una certa dimestichezza, che il “machiavellismo” dei comunisti è consistito nell'esilio, nel carcere, nelle persecuzioni, nella morte, che migliaia di essi hanno accettato, lottando nell'interno di un regime di oppressione, per la salvezza del Paese.




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