Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Sviluppo della personalità (1951)

Sono un ingegnere industriale. Ammetto l'esigenza di un cambiamento profondo dell'attuale struttura della società, ma non mi convince il comunismo soprattutto perché, tendendo esso a portare gli uomini su uno stesso piano, svaluterebbe la funzione del lavoro intellettuale confondendolo con quello manuale. E' proprio sotto questo punto di vista che io riconosco giuste le accuse che vi vengono rivolte secondo le quali il comunismo soffoca la personalità dell'uomo. (M.R. - Genova)

           Lei affronta un vastissimo tema, cercherò di dare concretezza alla mia risposta restando nel campo del suo lavoro, la fabbrica.
           Permetta anzitutto che le faccia rilevare come il suo concetto di difesa della personalità umana sia estremamente ristretto. Lei si preoccupa della “sua” personalità che, come rapidamente cercherò di chiarirle è tutt'altro che soffocata in una società comunista, ma non si preoccupa della “personalità” degli operai, insieme con i quali ella svolge ogni giorno la sua attività. Lei sa perfettamente che la divisione del lavoro, caratteristica di questa struttura sociale, ha creato delle barriere fra gruppi di lavoratori – o del braccio o della mente – e quindi un contrasto fra lavoro intellettuale e lavoro fisico che è in sé stesso negazione dei principi della personalità umana. La divisione del lavoro della città da quello della campagna ha tenuto nell'abbrutimento e nell'ignoranza, per secoli, le masse contadine. Nelle città le successive e sempre più esasperate forme di divisione hanno differenziato non tanto il lavoro quanto gli uomini. Si è giunti a legare l'uomo ad un gesto, sempre allo stesso gesto vicino alla stessa macchina, poiché lei sa come l'ideale della produzione capitalistica sia la razionalizzazione tipo Taylor il quale affermò che “esiste un lavoro per ogni tipo di operaio come esiste un lavoro per gli stalloni o per i puledri” e tipo Ford che riteneva “il pensiero una punizione per la maggioranza degli uomini”. Per quei campioni della difesa della personalità umana sarebbe quindi sufficiente che pensino solo alcuni uomini poiché, secondo loro, gli altri non sarebbero che parti integrative di macchine. Lei capisce allora che per “la maggioranza degli uomini” porre la questione del cambiamento dei termini dei rapporti sociali non si tratta di pregiudicare la personalità, al contrario si tratta di conquistarla.
           Noi comunisti lottiamo per la costruzione di una società in cui tutti gli uomini abbiano il diritto di pensare, abbiano la possibilità di pensare sempre di più sulla base di conoscenze sempre maggiori, di una società in cui il contrasto fra lavoro intellettuale e lavoro fisico venga superato facendo diventare “creativo” tutto il lavoro dell'uomo.
           Nell'Unione Sovietica, in cui il comunismo è attualmente alla sua prima fase, la fase socialista, questo contrasto non è ancora del tutto eliminato, ma già sin d'ora il mondo socialista di produzione ha introdotto l'elemento creativo anche nel lavoro dell'operaio e del contadino. Il lavoro dello stakanovista è appunto un aspetto del già raggiunto superamento, in alcuni campi, del confine fra lavoro fisico e lavoro intellettuale. La propaganda anticomunista presenta lo stakanovista come uno schiavo del lavoro bruto, come una specie di ossessionato e fanatico cottimista. La realtà è che gli stakanovisti sono lavoratori che sono usciti fuori dal campo di una limitata operazione professionale per inserirsi in tutto il complesso produttivo. L'operaio stakanovista è già un tecnico, è un lavoratore che riflette sui metodi di lavoro, che conosce le fasi della formazione di un prodotto e che interviene con sforzo creativo per ridurle e per perfezionarle.
           Tutto lo sforzo della società socialista è quello di elevare il livello culturale e tecnico della classe operaia a quello dei tecnici e degli ingegneri, per creare le condizioni di passaggio alla società comunista, nella quale non esistono più confini fra intellettuali, operai e contadini. Non si tratta di un livellamento verso il basso, egregio ingegnere, non si tratta, come lei scrive, di confondere lavoro manuale e lavoro intellettuale, si tratta di uno spostamento in avanti di tutta la collettività umana, si tratta di permettere che nessuno trovi un limite al miglioramento delle proprie conoscenze.
           La propaganda antisovietica non riesce a smentire l'enorme sviluppo delle scuole nell'URSS, non riesce a nascondere l'esistenza di biblioteche e di parchi della cultura in ogni villaggio sovietico, non riesce a cancellare le cifre dell'eliminazione dell'analfabetismo, come non riesce a cancellare la realtà dell'aumento della produttività del lavoro che è anche frutto dell'inserimento attivo nella produzione degli operai e dei contadini.
           E creda, egregio ingegnere, anche la sua “personalità” è da conquistare. Le pare proprio che ella possa fare tutto quello che è giusto fare per l'interesse di tutti nella sua fabbrica? Non ha avuto talvolta il sospetto che anche i lavoratori della scienza siano dei servi salariati, con l'aggravante di essere costretti a mettere a disposizione di pochi sfruttatori il frutto dei loro studi e delle loro ricerche?




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