Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Autonomia comunale e Stato socialista (1951)

Voi sostenete in ogni circostanza i principii dell'autonomia comunale. Essi però mi sembrano incompatibili con la vostra concezione di Stato centralizzato e pianificato. In uno Stato socialista, secondo me, non è possibile neanche una politica tributaria comunale. (Luigi Mari – Genova)

           Potrei anzitutto risponderle, in termini generali, che le posizioni politiche del P.C.I., posizioni di politica nazionale, devono evidentemente tener conto dell'attuale struttura dello Stato italiano nella formulazione di una linea e nell'indicazione al popolo italiano degli obiettivi immediati. L'attuale Costituzione Repubblicana non è certamente la Costituzione di uno Stato socialista, pure il PCI oggi lotta affinché abbiano piena applicazione i suoi principi, posti dal popolo italiano come fondamenta della convivenza democratica nazionale.
           L'autonomia comunale è un principio costituzionale, è un elemento di sviluppo della vita democratica anche in una società borghese, è quindi conseguente ai termini generali della nostra azione politica la lotta che noi conduciamo per svincolare i comuni dal servaggio imposto dal potere centrale. D'altronde il principio dell'autonomia comunale non è affatto incompatibile con la struttura dello Stato socialista, al contrario è proprio in uno Stato di questo tipo che essa trova la sua piena, sostanziale espressione.
           Ogni teorizzazione in proposito è superflua, poiché abbiamo dinanzi a noi la grande realtà di uno Stato socialista, la grande realtà dell'U.R.S.S., da cui possiamo trarre concrete indicazioni.
           Nell'U.R.S.S. ogni organo del potere locale è eletto con voto diretto, uguale e segreto, non esistono elezioni di secondo grado, non esistono soprattutto rappresentanti amministrativi o politici locali del potere centrale, ossia non esistono i Prefetti. Lei sarà certamente d'accordo con me nel rilevare quanto vana e ingannevole sia la proclamata affermazione di autonomia degli enti locali quando ogni atto del potere comunale, ossia del potere popolare, per essere valido deve ottenere l'approvazione del Prefetto, funzionario governativo. Il Prefetto non risponde al popolo dei suoi atti, risponde al suo Ministro. Attualmente, per intenderci bene, i Prefetti devono rendere conto a Scelba del loro operato e credo le sia sufficientemente noto quale concetto abbia dell'autonomia il nostro attuale Ministro degli Interni, specie quando essa si riferisce a comuni retti da amministrazioni democratiche.
           Nell'U.R.S.S. i Soviet delle città (che corrispondono ai nostri consigli comunali) hanno poteri deliberativi assoluti in ogni campo della loro competenza amministrativa la quale comprende tutti i settori della vita collettiva (industria, commercio, agricoltura, sanità, trasporti, ecc.). I loro bilanci non sono sottoposti al controllo e alle deformazioni imposte da organi burocratici poiché la funzione di controllo è esercitata essenzialmente da organi eletti a questo scopo dallo stesso Soviet, senza alcuna interferenza non solo da parte del potere centrale sovietico ma neanche da parte dei governi delle Repubbliche Federate o autonome.
           In quanto all'aspetto fiscale della vita dei comuni, è esatto che in uno Stato socialista non ha ragione di esplicarsi una particolare politica tributaria comunale. In una società dove non esistono classi, dove esiste una unicità di potere, il problema dei tributi pubblici si presenta sotto aspetti completamente diversi da quelli a cui lei certamente intende riferirsi. Nell'U.R.S.S. il sistema fiscale è centralizzato, tutti i cittadini, eguali nel godimento delle libertà politiche ed economiche, sono eguali anche dinnanzi ai loro obblighi verso la collettività. Dall'Oceano Glaciale alla Crimea, dall'Ucraina alla Siberia, tutti i cittadini sovietici sono sottoposti ad una stessa imposta sul reddito o, se contadini colcosiani, al versamento di una stessa parte in natura dei prodotti del loro colkos. Le attività comunali sono dirette essenzialmente al soddisfacimento dei bisogni collettivi, ossia si caratterizzano in quella che noi chiameremmo la politica delle spese, non avendo una sua ragione d'essere una vera e propria politica delle entrate.
           Le entrate comunali necessarie per sopperire alle esigenze della pianificazione comunale derivano sia dai mezzi offerti dalle gestioni dirette di tutti i servizi pubblici locali, sia dal finanziamento assicurato dagli organi finanziari centrali ai quali è assegnato il compito dello svolgimento uniforme e razionale della politica delle entrate in tutto il territorio sovietico.
           Ogni Soviet Locale, appunto perché è possibile elaborare un piano di lavori senza essere frenati o bloccati da preoccupazioni di ordine finanziario, ha potuto compiere grandiose opere di trasformazione o di costruzione anche in regioni lontanissime e semidesertiche.
           La democrazia socialista creata dal potere dei Soviet è la prova in atto della capacità dei popoli di autogovernarsi e di come le regioni, le provincie, le città, i villaggi, si sviluppino e raggiungano le più alte conquiste del progresso senza prefetti e senza governatori.




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