Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


Discorso della paura (1951)

Un mio collega professore mi ha dichiarato che pur approvando la nostra linea politica non ritiene possibile la sua adesione al Partito Comunista perché, quale intellettuale idealista, teme che nel caso di una conquista del potere da parte delle forze popolari egli debba essere costretto ad insegnare secondo principii dei quali non è convinto. (Carlo De Marchi – Assessore Comune di S. Olcense)

           Il discorso che hai fatto con il tuo collega è il vecchio discorso contro il timore o contro la paura che i comunisti svolgono da anni nei confronti di coloro che non respingono l'ideologia comunista, ma che non conoscendola a fondo o conoscendola solo attraverso la propaganda avversaria, restano in definitiva chiusi nel reticolato che la raffinata abilità della classe dominante riesce a costruire anche attorno ad uomini di buona fede.
           Il discorso della paura si svolge particolarmente con intellettuali piccolo-borghesi che hanno saputo conservare alla loro cultura una luce di progresso, che si sentono gli eredi degli intellettuali progressisti della borghesia rivoluzionaria ma che non riescono ad individuare quale è oggi la forza storica che raccoglie l'esigenza del rinnovamento sociale. Se questi intellettuali pesano tutte le incertezze della provenienza di classe, tutti i miti di una falsa cultura decadente, tutti i pregiudizi di una preparazione culturale formatasi essenzialmente in scuole e in università strutturate secondo le esigenze di una classe, della classe dominante.
           Ma il loro travaglio è già un grande fattore positivo, la loro continua ricerca della verità è già un elemento prezioso per la lotta di liberazione dell'umanità e per noi comunisti saper capire questo travaglio di uomini onesti, saper trovare la forma per aiutare lo sviluppo di un processo di chiarificazione che si manifesta già in atto anche con la sola espressione di un dubbio, che evidentemente non è più una ripulsa, resta uno dei compiti fondamentali.
           Come darti qui anche solo qualche elemento per approfondire il dialogo con il tuo collega? Solo posso richiamarti al tuo dovere di italiano e di comunista di non rompere mai il dialogo poiché esso, in uno sviluppo continuo, scaccerà i pregiudizi, i miti, le incertezze, le paure dall'animo e dalla mente del tuo collega.
           Posso ancora dirti di rafforzare le tue argomentazioni consigliando al tuo amico la lettura di alcuni libri che ritengo particolarmente utili per la chiarificazione e per la conoscenza della realtà della società socialista nei confronti degli intellettuali. Ad esempio consiglia al tuo collega di leggere la bellissima opera di Venturoli e Zangrandi, “Dizionario della paura”, (ediz. Nistri-Lischi, Pisa, 1951) che, come sai, racchiude una serie di letture che si sono scambiate due intellettuali piccolo-borghesi, l'uno militante comunista, l'altro simpatizzante della nostra dottrina e della nostra politica, ma dominato dalla “paura”. In questo libro credo che si ritrovino la tua stessa figura e quella del tuo collega. Consiglia anche al tuo amico “Letteratura” e “Vita Nazionale” di Gramsci (Einaudi, 1950), “Arte e letteratura nell'URSS” (Ed. Sociale, 1950) e anche “Politica e ideologia” di Zdanov (Ed. Rinascita, 1949). In quest'ultima opera il tuo amico troverà egli stesso la smentita alla sciocca montatura della stampa borghese sui cosiddetti “scandalosi interventi” di Zdanov sugli indirizzi della cultura sovietica.




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