Gelasio Adamoli - La direzione de "L'Unità" (1951-1957) - Lettere al Direttore


“Rosso di sera” (1951)

Tutti i martedì sera l'on. Calosso parla alla Radio Apostolica Italiana (sic). A nome di chi parla? (Mario Rebora)

           Non riesco a comprendere perché, fra tutte le manifestazioni di faziosità, di tendenziosità, di governativismo acuto di cui si può dire ad ogni ora, la RAI offre dei convincimenti saggi ai suoi sfortunati ascoltatori, lei se la sia presa in modo particolare con la rubrica “Rosso di sera”, affidata alla voce e alla spregiudicata disinvoltura di Umberto Calosso. Capisco che quel tono di sufficienza, malamente nascosto da qualche battuta grossolana con il quale vengono trattate e liquidate le più grosse questioni della vita politica nazionale e internazionale, può dare ai nervi anche al più allenato e al più rassegnato radio-ascoltatore italiano.
           Ma se lei riesce ad ascoltare il Giornale Radio senza arrossire di vergogna, pensando da buon italiano, che quel campionario di bugie con le gambe ultracorte come appanno di certe onde della radio, di stile adulatorio che da Mussolini si è trasferito su De Gasperi, di villanie e di insulti verso altri Paesi, è offerto non solo agli italiani, sia pure a pagamento, ma anche agli ascoltatori stranieri, penso non dovrebbe troppo scandalizzarsi per quel finto patetico buon senso di Calosso, anche se ne è particolarmente urlante la trasparente ipocrisia.
           La sua lettera ha toccato una questione di grande interesse per milioni di italiani che in questa rubrica non potrebbe essere esaurita: “l'Unità” si ripromette di riprendere l'argomento prossimamente, attraverso opportuni articoli.
           Conosceremo allora insieme la tesi della inevitabilità della guerra sostenute da Melafumo (Antonio Baldini), la tecnica dei “Convegni dei 5”, il sottofondo delle inchieste, tipo quella sull'Occidente, le cui conclusioni sono già fissate in partenza, la “liberalità” del liberale Zincone che ogni settimana ci fa conoscere un mondo dell'altro mondo, la formazione dei “Quaderni della Radio”, in cui il nome di Vittorini è servito, sinora, da specchietto per le allodole.
           Quando sapremo tutto questo, continueremo a pagare l'abbonamento alla RAI, perché un po' di musica fa sempre piacere, e con i nostri soldi continueremo a finanziare una colossale macchina di propaganda a favore della classe dominante.
           Generosità di milioni di poveri verso pochi ricchi...




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