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In Friuli e a Ravenna

      Di questa sua andata nel Friuli, che cadrebbe nei principii del 1319, dubitano parecchi; ma pare che non possa negarsi a più riscontri; come non può negarsi che l'Alighieri, il quale del disdegno s'era fatta una virtù (Inf., VIII), dopo aver levato a cielo lo Scaligero, e lodatolo come larghissimo e spontaneo donatore (Parad., XVII), si partisse poi da quella prodiga Corte povero e vetusto come il buon Romeo di Provenza; né di ciò si saprebbe assegnar cagione, se non fosse il dispetto in che gli vennero le licenziosità e le giullerie troppo tollerate, anzi troppo incoraggiate da quel motteggevole principe, delle quali ci rimase una viva dipintura in alcune delle novellozze del Sacchetti. Intorno a questi anni (1318) si pone anche un viaggio di Dante al monastero di Fonte Avellana e a Gubbio, ove dovette trovar Busone, amicissimo suo, ghibellino anch'esso e scrittore non ignobile; il quale poi spose in versi gli argomenti del sacro poema.
      Infine Dante, già celebratissimo e stracco di più combattere colla fortuna e colle speranze, venne a posare a Ravenna presso Guido Novello de' Polentani, nipote che era della Francesca sì pietosamente dannata dal poeta teologo. Anche questo Guido Novello tenea pei Guelfi; ultima e irrepugnabile prova che Dante non era si oltracotato ghibellino da pigliar a sassate per le vie, come narra quel credenzone del Boccaccio, chi avesse osato lodargli parte guelfa.