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Il fondo dell'Inferno

      A mano a mano che Dante scende più al fondo, ei par raddoppiare di ferocia, di terribilità, d'evidenza; e certo l'ultima parte dell'inferno, dalla pittura de' giganti, di cui per l'aura grossa e scura veggonsi con inarrivabile vivezza le movenze, infino alle ombre infami che tengon gli occhi torvi in giù raccolti e non osano levar lo sguardo, né dare il loro nome, e ad Ugolino, e all'anima del genovese, di cui il corpo s'agita tuttavia tra i viventi, governato dagli spiriti infernali, eccedono in vigore di plastica e furore di creazione quanto fin qui produsse in qualsivoglia lingua e tempo la poesia.
      La grande immagine del Lucifero tricipite, che muove coll'ali di pipistrello il vento onde aggela Cocito, e dirompe coi denti i traditori di Cristo e di Cesare, immagine che tutti i nostri vecchi citavano in esempio del sublime, adesso pare a molti una volgarità. E veramente chi voglia contrapporre all'imperatore del doloroso regno, tanto brutto quanto già fu bello, il cherubico Satana di Milton, che combattendo avrebbe
      .......costernato
      Non solo il Paradiso, ma l'immensa Volta del cielo e gli elementi tutti
      Rotti, sconvolti.....

      (Milton, lib. IV, trad. di A. Maffei)
      non potrà contentarsi del Lucifero dantesco, metaforizzato in un mal verme, che fora il nostro globo, ed assomigliato, pel dibatter perpetuo delle ali, alla vista che rende traverso le grosse nebbie un mulino che il vento gira (Inf., XXXI). Ma Dante con profondo senno, e seguendo in ciò anche il genio popolare, faceva il re del male più assai grottesco e pauroso, che maestoso e sublime. Il Satana di Milton nei principii del suo gran poema non si era ancora rimpicciolito a seduttore di donne e insidiatore d'uomini, e tenea sì gran parte di celeste maestà, che il poeta stesso s'accorse d'essere andato tropp'oltre; tantoché nella fine del Paradiso Perduto noi troviamo il principe tartareo, con tutto il suo Senato, converso
      In laido stuolo di serpenti.
      (P. P., lib. X).
      In eguali forme grottesche appajono i demonii nel poema che più tra i moderni s'accosta alla Divina Commedia, nella tragedia fantastica del Mischiewitz. E veramente il male, e il principio del male non è tra gli uomini, né può essere, come tra gli spiriti sovrumani, la titanica superbia, ma v'è sempre alcunché di caprigno e di felino; e se anche talora si cominci come il Caino di Byron, che vacilla tra le prime ombre del dubbio pietoso e dell'orgoglio ribelle, si finisce poi sempre come il Mefistofele di Goethe, che desidera alle nudità pagane camicie cristiane, irritamenti di più acuta sensualità. Ma delle varie immagini di Satana, che si strettamente s'attengono al concetto filosofico del male, si avrà a dire in altro luogo.