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Gli studi del Torricelli

      Il Torricelli (Studii sul poema sacro di Dante Alighieri, volumi 2, Napoli 1850-1853) argomenta che il vero titolo del poema sia La monarchia di Dio, fondandosi principalmente sull'epitafio preparato da Dante a se stesso, ove dice:
      Jura Monarchiae, Superos, Phlegethonta, Lacusque Lustrando, cecini, voluerunt fata quousque.
      Versi che per avventura potrebbero rafforzare invece l'opinione di coloro che nella Divina Commedia veggono un trattato di teodicea ghibellina, e credono che il principale intento di Dante sia stato politico. Il Torricelli con infinita diligenza andò frugando per entro le opere degli scrittori mistici ed ascetici, e ne trasse preziosi riscontri di quasi tutte le frasi allegoriche e le metafore bibliche usate da Dante. Ma che il poeta adoperando questi adornamenti di poesia sacra intendesse ogni parola secondo le dottrine e gl'intendimenti dei mistici, non è facile provarlo. Certo è che torcendo a troppo sottile significazione ogni immagine del poeta e cercando ad ogni piè sospinto argutezze acrostiche e logogrifi e allusioni di molteplice senso, si può riuscire a stranezze incomportabili.
      Nondimeno voglionsi consultare gli studii del Torricelli, come quelli del comm. Nicola Niccolini, del padre Marco Giovanni Ponta, tra i moderni; e tra i vecchi, del Giambullari, del Manetti per la topografia e la cronologia ideale del sacro poema. Molto curiose sono anche le indagini sul primo concetto d'un viaggio poetico ai mondi invisibili, e sul ciclo leggendario che precedette e accompagnò il poema di Dante. In questo ciclo sono da ricordarsi la Visione del monaco Alberico, la Discesa al pozzo di San Patrizio, l'Inferno del Guerrino Meschino, la Visiun Saint Poi le Ber (visione di San Paolo il Barone pubblicata dall'Ozanam), la Vie ou le songe d'enfer di Ravul de Hondan, la Vote du Paradis di Rutbeuf, e molti altri libercoli monacali e anche profani divulgati in Italia e in Francia sul finire del XIII e in principio del XIV secolo: tutti lontanissimi però da ogni pregio non solo di poesia, ma anche di unzione mistica e di discrezione morale nella gradualità delle pene.