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a cura di Federico Adamoli

Carlo Eugeni e la storia dello sport teramano


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     Oggi non c'è più nessuno che faccia dello sport la propria ragione di vita. Spettacolo sì, un calcio diventato spettacolo sì. Noi viviamo oggi in una società troppo dispersiva, in cui i valori dello sport sono valori necessariamente legati al business, e quindi necessariamente legati al risultato ad ogni costo, dove quindi non c'è nemmeno più il rispetto per l'avversario, cosa che loro invece hanno insegnato. Viviamo in una società in cui i valori sono diventati troppo distanti. E' per questo che le persone muoiono. Perché il professor D'Alessandro e il professor Eugeni, in una società che considera lo sport come viene considerato oggi, sarebbero e si sentirebbero completamente inadeguati. Pensateci...
     Io non ho mai parlato con il professor Eugeni perché - è stato detto - era burbero. Avevo come professore di educazione fisica alle medie il professor Giorgio Caruso, che voglio ricordare; si arrabbiava perché non riuscivo mai a salire la pertica, e nemmeno la corda. Poi ho frequentato il liceo classico e mio professore era Vincenzo Cherubini, pescarese, che... ho odiato, perché, avendo scoperto di essere abbastanza portato per il salto in alto, ed ero il più bravo della classe - in classe mia c'era anche Cesare Forcella, che è stato ricordato poco fa - mi fece dei dispetti definitivi. Dopo aver saltato 1,30, non mi lasciava mai tentare il salto successivo, per vedere se potevo saltare di più, perché finiva l'ora, suonava la campanella e quindi dal campo sportivo dovevamo tornare in classe. Non ho mai saputo se ero capace di saltare oltre quella misura; ci provavo da me, ma era un'altra cosa. Chi sa, forse ero portato. Mia sorella ha detenuto per circa dieci anni il record abruzzese di salto in alto femminile, quindi può darsi che fossi portato pure io per la disciplina.