Per uscire dalla casa l'Adamoli aveva pensato a certe botole di legno fissate esternamente ai piedi dei muri e che comunicavano con i sotterranei dell'edificio. Un giorno con lunga e cauta fatica, ne aveva schiodata una sul lato del piazzale, forzandola dal basso come un sepolto vivo che schiodi la sua bara. Ma riconobbe che dal sotterraneo non era possibile sorvegliare fuori e scegliere il momento dell'uscita. Rinunziò a quella via e si diresse alla finestra centrale che guarda lo spiazzo, alta un tre metri da terra. Aveva studiato la casa angolo per angolo, vi circolava al buio senza rumore strisciando la mano leggera sulle pareti.
Era una finestra a doppi vetri, come si usano nei paesi del freddo. Egli tolse il fermo di chiusura, adagio adagio, spalancò lentamente la prima vetrata, dischiuse un poco la seconda esterna, che si apriva in fuori, e, il mento appoggiato alle mani, le mani sul davanzale, si mise in ascolto.
Entrava il soffio freddo della notte stellata che portava un rombo appena percettibile di cannonate remote. Il giovane ascoltava il passo delle sentinelle, le più vicine erano quelle due, che sorvegliavano i fianchi della casa. Le vedeva, ora l'una ora l'altra, spuntare dall'angolo, a destra e a sinistra. Le baionette mandavano lievi biancori al riflesso della lampada. Sotto alla finestra s'infoltiva un po' d'ombra.
Ad un certo momento il caso ha combinato il moto delle due sentinelle; esse sono comparse insieme agli angoli, e scomparse insieme. La loro presenza, non si alternava più. Per venti o venticinque secondi il rovescio della casa è rimasto senza vigilanza. Non vi era sul piazzale che la sentinella lontana, invisibile, postata all'angolo estremo del recinto retato. Il cuore del giovane italiano tumultuava nella tortura dell'indecisione. Ma il passo ineguale delle due vedette ha rotto la simultaneità del loro andirivieni. Quando l'una spariva l'altra arrivava. La vigilanza era tornata continua.
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