Luigi Barzini
Odissea. L'avventurosa fuga di un nostro aviatore dal campo nemico.


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La voce nella notte

     Dodici giorni dopo, nella notte del 2 settembre, qualche ora prima dell'alba, i soldati italiani che vegliavano in una trincea avanzata nella conca di Plezzo, alla destra dell'Isonzo, quasi sul bordo della ripa profonda del fiume a oriente della strada di Cezsoca, udirono avanti a loro, a pochi passi, una voce che chiamava.
     Si posero in ascolto spianando il fucile dalle feritorie.
     Era una notte di combattimento, le artiglierie nostre tempestavano la cima del Rombon, le artiglierie austriache battevano le creste del Polonnik, lo schioppettio dei fucili scrosciava ora lontano ed ora vicino nella vallata e tutto il paesaggio appariva a tratti, pallido come sotto la luna, percosso dai raggi dei proiettori o dalle luci oscillanti dei razzi. La voce misteriosa ripeteva qualche cosa ad intervalli, ma nel frastuono non si distinguevano le parole.
     Non si vede niente - mormoravano i nostri soldati cercando nel balenio l'uomo che chiamava. -
     E' nascosto sotto al reticolato!" "Deve essere un disertore austriaco!" - "O un russo !" - "Zitti, par la italiano!" -
     Per la terza volta la voce si levava nel buio. E si č capito.
     “Italiani ! - gridava - Sono un prigioniero fuggito dalla Austria!..... Che cosa debbo fare?”
     Un bisbiglio corse la trincea. "Qualche dalmata o qualche istriano - si confidavano i soldati sussurrando - un irredento che ai arrende!"
     La sentinella postata oltre il parapetto chiese:
     - Sei solo?
     - Si solo!
     - Vieni avanti!