Arnaldo Mussolini
Vita di Sandro


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     Finiti gli esami, eri stanco, ma contento. Riordinasti le tue cose e prendesti le disposizioni per le vacanze, che dovevano essere piene di gioia. Mentre ti accingevi a metterti al volante per andare in Romagna, mi dicesti: «Parto contento; ho vinto la più bella delle battaglie. Potrò divertirmi. Andrò all'Università a Roma. Vieni presto a trovarci».
     Ero commosso. Tra le altre cose, ti dissi: «Scommetto che partite senza un soldo». «È vero», dicesti tu, Sandrino. E quando io, volendo fare il generoso e premiare un poco la tua fatica e quella di Vito, ti diedi mille lire, sentii le tue proteste: «Troppo, troppo; sono forse necessari i denari?».
     È vero, non sono necessari. Appena un mese dopo, riordinando le tue carte innocenti, trovai, piegato, lo stesso biglietto da mille lire, così come lo piegasti la sera della tua partenza da Milano.
     Quel tuo piccolo tesoro, insieme ad altre piccole cose tue, è stato distribuito tra i poveri. Tu devi vivere in eterno nelle opere buone.
     

L'inizio del calvario

     Quella partenza da Milano doveva essere l'ultima. Ma tu non avevi alcun presentimento di sventura, e ti eri abbandonato, senza tristi pensieri, alle gioie che ti offriva il nostro incantevole mare di Romagna. Rammenti i giorni sereni di Cesenatico? Le ore trascorse su la spiaggia? Gli amici buoni, che ti prediligevano, come il più degno, il primo fra loro?... Tutto questo, oggi, mi sembra un bel sogno lontano: il morbo spietato, che sembrava aver rallentata la sua morsa di ferro, aspettava, in agguato, la sua rivincita.