Benito Mussolini
Vita di Arnaldo


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     Tornato a Roma, Arnaldo così mi telegrafava da Paderno: «Anche a nome di Augusta desidero ripeterti il nostro ringraziamento più vivo per la tua partecipazione al nostro lutto. Nella casa deserta ripensando alla tua bontà l'animo nostro si commuove al ricordo. Grazie ancora e abbracci fraterni. Arnaldo».
     Era necessario, per sollevare Arnaldo, toglierlo dai luoghi dove aveva tanto sofferto e lo incitai a Roma.
     «Sarò, dunque — egli mi scriveva — tuo ospite a Villa Torlonia per quanto non mi nasconda che gli uomini della tua responsabilità, del tuo lavoro e della tua sensibilità hanno bisogno di solitudine e di silenzio. Solamente a richiesta potrei essere presente. Ad ogni modo io mi studierò di non seccarti e cercherò invece di esserti utile in qualche ramo del gran quadro della tua attività. Ti ripeto: non tarderò molto a muovermi e a riprendere il lavoro che è vita».
     Venne a Roma durante quello scorcio di estate mio ospite a Villa Torlonia; lo condussi qualche volta al mare; in autunno tutta la famiglia si trasferì a Roma. Dopo e durante il dolore, l'amarezza inaudita. Perché non dirlo? Tra l'estate e l'autunno del 1930, dopo le necessarie epurazioni, un'ondata di scandalismo si abbatté sul fascismo milanese. Gli antifascisti gioivano. I catoni trionfavano. Ma gli italiani sanno chi fu il moralista Catone? Il sottovoce viperino aveva uno scopo evidente. Chi in quel momento non aveva dei «milioni»? Il testamento di Arnaldo, che in questo libro integralmente viene pubblicato, anche nella parte di ordine privato o materiale, è uno schiaffo che colpisce in pieno i catoni di ieri e taluni coccodrilli di oggi. I milioni! Rovistato tutto, aperti tutti i cassetti, compresa la cassaforte e si è trovato — come è vero e come può essere testimoniato dai ricercatori — lire 130.000 — diconsi lire cento trenta mila —. Questi sono i beni mobili. Quanto agli immobili, essi si riducono a un appartamento da pagarsi a rate, in una casa a condominio! È umiliante dovere scendere a questi dettagli, ma nel settembre-ottobre del 1930, Arnaldo ebbe questo dolore aggiunto al recente cocentissimo: era l'ingrato destino congiunto con la malvagità degli uomini che si accaniva contro di lui!