Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     Dal giorno in cui il re fece a Turati l'"onore" di chiamarlo a conferire al Quirinale e Turati vi andò, sia pure in cappello a cencio e giacca, parlare di repubblica in Italia — dove la monarchia aveva associato il suo nome alla vittoria — sembrava un anacronismo.
     Dei quadrumviri uno era intransigentemente monarchico e savoiardo, il De Vecchi; non meno, in fondo, monarchico era il De Bono; solo Italo Balbo aveva avuto trascorsi repubblicani nella sua gioventù, mentre Michele Bianchi — il cervello "politico" della squadra — venuto al Fascismo dalla esperienza sindacalistica considerava anch'egli inattuale il problema istituzionale italiano.
     Date queste condizioni storiche e politiche contingenti, la Marcia su Roma non poteva instaurare la repubblica, alla quale il popolo era completamente impreparato, mentre il tentativo di realizzare tale istituto — fuori tempo — avrebbe probabilmente complicato, se non pregiudicato, le sorti del movimento insurrezionale.
     La monarchia rimase ma il Fascismo sentì quasi immediatamente il bisogno di crearsi istituti suoi propri come il Gran Consiglio e la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
     Nella riunione tenutasi al Grande Albergo di Roma nel gennaio del 1923 non soltanto nacquero il Gran Consiglio e la Milizia, ma ebbe inizio un sistema politico che può chiamarsi "diarchia", il governo in due, il "doppio comando". Mussolini, che talvolta è un terribile umorista senza saperlo, disse che il sistema era quello della stanza matrimoniale con letti separati, pessima situazione secondo quanto affermava nella sua Fisiologia del matrimonio Onorato Balzac.