Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     E come si spiega allora che la vaga indifferenziabile opinione pubblica lo ha considerato morto?
     Ci sono, se così può dirsi, diverse incarnazioni di Mussolini. Anche dal punto di vista politico egli è un "duro a morire". Nel 1914, espulso dal partito socialista italiano nella memorabile assemblea del Teatro del "Popolo", tutti o quasi i tesserati lo considerarono un uomo finito, schiacciato da un plebiscito provocato tra le file dell'armento, cui si aggiunse al solito una "questione morale". Dopo pochi mesi il socialismo neutralista veniva sbaragliato sulle pubbliche piazze. Conclusa la guerra, l'Italia dovette subire l'ondata bolscevica. Nelle elezioni del 1919, nelle quali Mussolini ebbe l'onore di avere a compagno di lista Arturo Toscanini, il quale perciò è un fascista della prima ora, egli riportò 4000 voti di fronte ai milioni di voti degli avversari. Il rosso imperversava trionfante e minaccioso. Nell'ebbrezza della vittoria fu simulato un funerale di Mussolini, e una bara che lo conteneva in effigie passò, con il relativo corteo vociante, davanti alla sua abitazione di Foro Buonaparte 38, ultimo piano.
     Da quella bara rispuntò il Mussolini degli anni 1921-1922. Come nel novembre del 1919 qualche cosa del genere fu tentato nel luglio del 1943. Questa doveva essere la volta buona, la definitiva. Poi la morte politica e quella fisica avrebbero proceduto di conserva con una ben calcolata simultaneità. Colui che nei domini dell'imperscrutabile regge i destini mutevoli degli umani ha deciso altrimenti. Vi è un Mussolini che contiene, quello di ieri come quello di ieri conteneva quello di oggi, e questo Mussolini, pur avendo la sua dimora non più a Palazzo Venezia ma alla Villa delle Orsoline, si è messo sotto le stanghe, al lavoro, con la volontà di sempre, e quindi, o falange non tebana di Tommasi increduli, se lavora deve essere, per lo meno, vivo.