Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     La guerra del 1915-1918 non fu "sentita" dall'aristocrazia, né dai circoli di Corte; meno ancora dal clero e dai ceti politicanti. Fu con una violenta agitazione di masse, fu col famoso manifesto "O guerra o Repubblica" scritto da Mussolini seduta stante dopo una riunione tenutasi in via Palermo fra i capi dell'interventismo milanese, fu con le gigantesche dimostrazioni dannunziane di Roma che i "trecento" deputati del "parecchio" giolittiano si nascosero nel fondo dei loro collegi e si ebbe una "maltusiana" dichiarazione di guerra.
     È legge storica che quando in una Nazione si determinano due correnti una delle quali vuole la guerra e l'altra la pace, quest'ultima resti sempre regolarmente battuta, anche se, come sempre accade, rappresenti da un punto di vista numerico la maggioranza. Le ragioni sono evidenti. Coloro che si chiamano "interventisti" sono giovani, ardenti, essi costituiscono la minoranza dinamica, di fronte alla staticità della massa.
     Furono forse "sentite" dal popolo le guerre del Risorgimento?
     La storia del Risorgimento deve essere ancora fatta; bisogna creare una sintesi fra la storia così come è stata manipolata dai monarchici, i quali ipotecarono il Risorgimento, e la versione dei repubblicani. Bisognerà stabilire quale fu l'apporto del popolo e quale quello della Monarchia; che cosa diede la rivoluzione e quel che diede la diplomazia. Nelle oleografie che colpirono la nostra infanzia vi è quella un giorno diffusissima rappresentante i quattro fattori del Risorgimento: Vittorio Emanuele, coi pantaloni eccessivamente lunghi dai quali spuntano in fondo gli speroni, e i grandi baffi che davano al suo volto un aspetto di rurale inurbato; Cavour, con gli occhiali che ne nascondono diplomaticamente lo sguardo, mentre il volto incorniciato dalla barba corta lo fa rassomigliare un poco a un vecchio signore distante: questi due rappresentano la dinastia e la diplomazia; Garibaldi, prorompente di forza e di umanità; il venturiero generoso di ogni grande avventura, innamorato dell'Italia con un amore che ha il fuoco delle sue Camicie rosse; ingenuo e "strepitoso", come egli stesso si chiama con un aggettivo originale e non retorico, vero campione della vecchia razza ligure-italiana; e quarto, infine, Mazzini, della stessa razza, nato sullo stesso mare, assorto, concentrato, durissimo, fanatico, di una sublime ortodossia repubblicana, anche se per lungo tempo inattuale. Si deve a questi ultimi se le guerre del Risorgimento furono possibili, anche se non furono "sentite". L'opinione pubblica, allora, non aveva gli strumenti di cui oggi dispone: bisogna quindi ricordare quale fu l'atteggiamento delle Camere subalpine di fronte alle guerre che nel ventennio 1848-1870 portarono i Savoia a Roma.