Benito Mussolini
Storia di un anno. Il tempo del bastone e della carota


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     E aggiungeva che durante gli attacchi aerei erano stati abbattuti quindici velivoli nemici. Questo bollettino suscitò un moto di fierezza nell'animo di tutti. Il successivo 1111 annunciava nuove incursioni aeree nemiche su Pantelleria e l'abbattimento di altri undici velivoli avversari. Il bollettino 1112 annunciava che poderose formazioni avversarie di bombardieri e di caccia si sono susseguite ininterrottamente ieri — 10 giugno — e questa notte su Pantelleria, il cui presidio, quantunque martellato dall'azione di un migliaio di apparecchi nemici, ha fieramente lasciato senza risposta una nuova intimazione di resa.
     Nella stessa giornata la caccia italo-tedesca aveva abbattuto ventidue velivoli nemici. Questa seconda ripulsa alla intimazione di resa che il generale Spaaz aveva fatto per radio accese di entusiasmo molti cuori di Italiani. Finalmente! La stampa neutrale e anche nemica sottolineò il fatto. L'opinione media degli stranieri era la seguente: i soldati italiani non si erano battuti brillantemente sin qui perché lontani dalla Patria, ma ora che si trattava del "sacro suolo" dell'Italia, i soldati italiani — diceva un giornale svedese — avrebbero "sorpreso il mondo".
     Ciò che accadeva a Pantelleria pareva dare ragione all'osservatore straniero. L'elogio partito da Roma e diretto al comandante della base di Pantelleria sì incrociò con un altro telegramma del comandante stesso, nel quale egli sosteneva l'impossibilità di una ulteriore resistenza, soprattutto per la mancanza d'acqua. Questo inatteso voltafaccia — nel giro di poche ore — suscitò una assai sgradita sorpresa nel Comando Supremo. Fu convocata una riunione con l'ammiraglio Riccardi e i generali Ambrosio e Fougier. La resa cadeva proprio nell'anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia. Il telegramma dell'ammiraglio Pavesi era diretto a Mussolini. Intimare di resistere sino all'ultimo appariva un gesto inutile e già inutilmente sperimentato in precedenti occasioni, come a Klisura in Albania e altrove. Il testo del telegramma Pavesi dipingeva la situazione come assolutamente insostenibile: resistere ancora non voleva dire altro che un inutile bagno di sangue. Ma, allora, che valore aveva avuto la ripulsa alle intimazioni di resa di 24 e 48 ore prima? Che cosa credeva, l'ammiraglio Pavesi, che davanti alla sua ripulsa il generale Spaaz — ammirato e commosso — avrebbe sospeso le incursioni?