(segue) Il discorso di Palermo
(20 agosto 1937)
[Inizio scritto]

      Il latifondo siciliano, quantunque oggi sia stato spogliato dei suoi reliquati feudali dalla politica fascista, sarà liquidato dal villaggio rurale, il giorno in cui il villaggio rurale avrà l'acqua e la strada. Allora i contadini di Sicilia, come i contadini di tutte le parti del mondo, saranno lieti di vivere sulla terra che essi lavorano. Finirà la coltura estensiva, la vostra terra potrà nutrire il doppio della popolazione che oggi conta, perché la Sicilia deve diventare e diventerà una delle più fertili contrade della terra. (Acclamazioni).
      Voi avete visto crescere sotto i vostri occhi l'apprestamento militare, terrestre, marittimo e aereo che presidia l'isola. Solo per una suprema follia si potrebbe pensare a una invasione. Qui non sbarcherà mai nessuno, nemmeno un soldato. (Acclamazioni).
      Ora ascoltate questo annuncio: si inizia per la vostra isola un'epoca tra le più felici che essa abbia mai avuto nei suoi quattro millenni di storia. (Acclamazioni). Questa epoca è legata a un fatto storico che noi abbiamo avuto la suprema fortuna di vivere: la fondazione del secondo Impero di Roma.
      Le energie dello Stato saranno d'ora innanzi con maggiore intensità convogliate verso di voi, perché la Sicilia rappresenta il centro geografico dell'Impero. (Altissime ovazioni).
      Quando io decisi di fare le grandi manovre in Sicilia ci furono degli allarmi; ci furono delle interpretazioni estensive esagerate, intempestive. Tutto ciò è passato. Ormai tutti devono convincersi che l'Italia fascista intende di praticare una politica concreta di pace. È su queste direttive che noi tendiamo a migliorare le relazioni soprattutto con gli Stati confinanti.
      Non v'è dubbio che dal marzo ad oggi i nostri rapporti con la Jugoslavia sono migliorati, quelli con l'Austria e l'Ungheria sono sempre intonati ai protocolli di Roma, che specialmente durante la «punta» della crisi economica si sono dimostrati efficacissimi. Non ho bisogno di dire che con la Svizzera le relazioni sono più che amichevoli. Rimane, a proposito dei confini terrestri, la Francia. Se noi esaminiamo con mente pacata e raziocinante l'insieme di questi rapporti, noi finiamo per concludere che non vi è materia per un dramma. Le relazioni sarebbero certamente migliori se in Francia taluni circoli abbastanza autorevoli non fossero degli idolatri degli idoli ginevrini e anche se non ci fossero altre correnti che da quindici anni, con una costanza degna di miglior causa, attendono di giorno in giorno la caduta del Regime fascista.

(segue...)