Jagoda
(8 aprile 1937)


      Da Il Popolo d'Italia, 8 aprile 1937-XV.

      Dov'è, in questo momento, l'ex capo onnipotente della G.P.U.?
      Nelle celle della Lubianka, la famosa prigione dove sono passati migliaia, forse milioni di individui condannati alla deportazione o alla morte, che veniva eseguita nei tetri corridoi dell'edificio da carnefici cinesi appostati nelle nicchie? O nel carcere militare, dato che i protagonisti della sua defenestrazione appartengono a quell'esercito rosso che fu — un tempo — creato dal grande anticristo di Stalin, Trozki, nato Braunstein? Dovunque egli sia oggi, si può facilmente prevedere dove sarà domani: in una fossa anonima di un cimitero moscovita, dato che gli sarà probabilmente negato il privilegio del forno crematorio.
      Così sta per concludersi la carriera e la vita di uno dei più grandi santi del paradiso bolscevico, di uno dei più antichi discepoli e commilitoni di Lenin, di uno degli artefici della rivoluzione del 1917, di uno dei più inesorabili esecutori di alte opere di giustizia che ricordi la storia. Le sue «epurazioni» fanno impallidire le stragi dei guerrieri asiatici, che stritolavano le masse umane come mucchi di formiche. La fine di Jagoda è il terzo atto del grande dramma termidoriano che si svolge in Russia, da quando Trozki, bandito dal paradiso, è diventato il nemico implacabile di Stalin.
      Ammesso anche che molte delle notizie concernenti la Russia, diramate dai limitrofi paesi baltici, siano inesatte o gonfiate, nessuno può mettere più in dubbio che, nella felice repubblica dei proletari collettivizzati, la fame e il terrore sono all'ordine del giorno. Tutti gli uomini della vigilia sono caduti in disgrazia o sono stati fucilati. Dopo avere distrutto la borghesia — fisicamente, cioè nelle persone dei suoi singoli componenti, come consigliava, nella sua fredda crudeltà di autentico mongolo, Lenin — oggi il bolscevismo divora se stesso, ammazza i suoi caporioni, manda al muro dell'infamia e del piombo i suoi eroi, accusati di essere diventati — non si sa perché — spie ed agenti del Fascismo.

(segue...)