(segue) Il viaggio in Libia
(12 marzo 1937)
[Inizio scritto]

      Il Duce, nella piccola piazza del villaggio, commosso per le accoglienze ricevute, sale su di una trattrice e pronuncia le seguenti parole:

      Camerati Coloni!
      Vivete e lavorate tranquilli e sicuri, voi, le vostre donne, i vostri figli. Roma imperiale e fascista vi segue, vi ama, vi protegge e in ogni circostanza vi proteggerà.


      Nel pomeriggio del 14 il Duce giunge a Bengasi. Le accoglienze sono imponenti. Dalla Palazzina del Governo Egli è costretto a parlare; e pronuncia queste parole:

      Camicie Nere!
      Sento vibrare nel vostro saluto un'ardente fede fascista. (La folla grida: «Sì! Sì!»). È questa fede che ci ha dato l'Impero. È questa fede fascista armata, in ogni tempo, che lo difenderà.


      La sera, dal Municipio, chiamato a gran voce dalla popolazione in prevalenza indigena, dice:

      Musulmani di Bengasi!
      Desidero esprimervi il mio compiacimento per l'accoglienza che mi avete tributato e nella quale ho sentito, viva e presente, la vostra fedeltà a Roma e all'Italia fascista. Durante la guerra vittoriosa per l'Impero, voi avete dato, col sacrificio e col sangue, la prova solenne della vostra fedeltà. L'Italia fascista, potente e giusta, non lo dimenticherà mai.