(segue) Per il monumento al Bersagliere
(19 settembre 1932)
[Inizio scritto]

      Erano appena sorti, e già i bersaglieri s'imponevano all'attenzione del mondo. Un generale prussiano li definiva «un'ammirevole fanteria leggera»; un Arciduca austriaco li metteva fra le migliori truppe di Europa. Tuttavia, lo sviluppo del Corpo non fu precipitoso, ma graduale e lento. È solo nel 1845 che le Compagnie raggiungono il numero di otto formando i primi due battaglioni. Viene la prima guerra del Risorgimento italiano, viene la prova del fuoco, che è l'unica e la suprema per saggiare la bontà degli ordinamenti e la tempra fisica e morale degli uomini. Nelle campagne del '48-'49 i bersaglieri offrono prove superbe della loro resistenza alle fatiche, del loro valore nel combattimento. A Coito, pagina splendida che apre il libro della storia dei bersaglieri, il fondatore del Corpo è in prima linea e cade gravemente ferito.
      Per uno di quei moti spontanei, irresistibili e misteriosi, che sbocciano nel profondo della coscienza popolare, il bersagliere diventa, sin dagli esordi il soldato rappresentativo dell'Esercito italiano, il soldato nel quale il popolo ama ritrovare se stesso. Tutto ciò che è brio, ardimento, velocità, entusiasmo diventa bersaglieresco. Così, nel 1848 si formano i bersaglieri lombardi di Luciano Manara, quelli del Po, comandati da Mosti, i valtellinesi, agli ordini di Guicciardi, i bresciani, col Berretta, i mantovani, con Longoni. È, dopo secoli, l'epoca che segna la ripresa dello spirito militare italiano.
      Passano alcuni anni di attesa. Poco prima della guerra di Crimea, nel 1852, i battaglioni dal cappello piumato diventano dieci. Nel 1855, alla Cernaia, i bersaglieri combattono valorosamente, mentre il loro fondatore lascia la vita in quelle contrade, ucciso non da palla nemica, come avrebbe desiderato, ma da un morbo che faceva strage non meno del piombo. Se Goito è il nome che splende nella prima guerra d'indipendenza, Palestro, dieci anni dopo, è il nome che raccomanda ai secoli la gloria dei figli di Lamarmora, memorabile fra tutti l'assalto alla baionetta del settimo battaglione, che gli valse la medaglia d'oro.

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