(segue) Messaggio dantesco
(27 giugno 1932)
[Inizio scritto]

      «Perché vi sia in Europa bilancia politica — egli diceva — è d'uopo che l'Italia sia fissa in un solo Governo, facendo un fascio di forze. Gli Italiani avendo Nazione acquisteranno spirito di nazionalità; avendo governo diventeranno politici e guerrieri; avendo Patria godranno della libertà e di tutti i beni che ne derivano; formando una grande massa di popolazione saranno penetrati dai sentimenti della forza e dell'orgoglio pubblico e stabiliranno una potenza che non sarà soggetta agli assalti dello straniero. Questo è il progetto che esce dal fondo del mio cuore; se le attuali circostanze lo fanno per ora restare nel mondo delle chimere, mi auguro che verrà un giorno in cui sarà realizzato. Popolo futuro d'Italia, a te dedico questo mio travaglio qualunque si sia, giacché a te è riservato di compiere la grande opera».
      A queste voci piene di fato fecero, negli anni di fine secolo XVIII, eco uomini di Liguria, di Lombardia, del Veneto, del Piemonte, di Bologna e di Roma, in una serie di atti, voti e documenti che attestano quanto fervore vibrasse negli animi al sorgere della grande aurora. Questo volevo ricordare agli italiani che dimenticano e a quelli che hanno il culto delle memorie, traendone conforto ed impulso all'azione.