Messaggio per l'Anno Nono
(27 ottobre 1930)


      Alla vigilia dell'anniversario della Marcia su Roma, il Duce rivolse il seguente discorso ai Direttorii federali del Partito Nazionale Fascista, convenuti a Palazzo Venezia.

      Camerati!
      Otto anni or sono, — in questi giorni di fine ottobre —, il ritmo della storia italiana si era straordinariamente accelerato. Erano momenti di «alta tensione». Nel mio discorso alla «Sciesa» di Milano nell'agosto; nell'altro, — breve, ma preannunciatore —, di Levanto, in quello di Udine del XX Settembre e successivamente nel discorso di Cremona le tappe erano state bruciate. Finalmente con l'adunata nazionale di Napoli, la sorte del Governo di allora e il destino della Nazione cadevano nelle nostre mani.
      Fino dal 18 ottobre, immediatamente dopo la decisiva riunione di via San Marco, 48, a Milano, avevo preparato quello che più tardi fu il proclama del Quadrumvirato e che le Camicie nere impazienti attendevano: l'ordine di marciare.
      Il 28 ottobre l'ordine fu lanciato. Da quell'istante una grande era cominciò nella storia del popolo italiano. Rievocando quelle giornate, l'animo nostro vibra ancora di emozione e di fierezza, e ringraziamo il Destino che ha consentito alla nostra generazione di Vivere i due eventi che sono i più memorabili nell'esistenza degli individui e delle Nazioni: la Guerra e la Rivoluzione. Un'onda di poesia sale al ricordo, nel nostro spirito: par di rivedere le squadre e i gagliardetti, di risentire gl'inni e il tumulto di quelle giornate: con un rimpianto virile facciamo l'appello delle Camicie nere che segnarono col sangue il trionfo del Fascismo. La Rivoluzione allora non incontrò nemici in campo aperto: quelli stessi che pochi mesi prima, nell'agosto, avevano giocato la carta suprema del così detto sciopero generale legalitario, si ritirarono dalla circolazione; alcuni accennarono ad accettare il fatto compiuto.

(segue...)