(segue) Per l'Alto Adige
(3 marzo 1928)
[Inizio scritto]

      Parlerò, dunque, con la massima calma, ma senza equivoci, cioè nettamente, more nostro. Aggiungo subito che questa è l'ultima volta in cui parlerò su questo tema. Alla prossima farò parlare i fatti.
      È un capitolo di storia che io scrivo, non per gli italiani, che tale storia conoscono, ma per il mondo che la ignora, l'ha dimenticata. Io intendo dimostrare, e dimostrerò, che la manifestazione austriaca non è giustificata, ed in ciò stesso è provocatoria. Non è minimamente giustificata dalla politica generale seguita dall'Italia dal 1918 al 1928 nei confronti della Repubblica austriaca, non è giustificata dalla politica che il Governo fascista ha svolto nella provincia di Bolzano la quale, essendo una delle novantadue provincie del Regno, è trattata dal Governo fascista alla stregua di tutte le altre, con la stessa parità di diritti, con la stessa parità di doveri.
      Se oggi io ricordo le molte prove di amicizia fornite dall'Italia all'Austria, dall'armistizio ad oggi, non lo faccio per rimproverare all'Austria la sua ingratitudine. Noi siamo abbastanza signori per conoscere il sommo pregio della discrezione. Lo faccio perché il mondo sia documentato una volta per sempre. La nostra amicizia verso l'Austria si è svolta, durante dieci anni, su tre direttrici. La prima ha avuto manifestazioni di carattere, diremo così, sociale ed umanitario. In seguito si è aperto il non ancora concluso periodo degli aiuti finanziari resi possibili dalle rinuncie dell'Italia. C'è stato, poi, un intermezzo di natura squisitamente politica durante il quale l'appoggio disinteressato dell'Italia ha giovato grandemente all'Austria.
      È su quest'ultimo punto che intendo soffermarmi. In base all'art. 49 del Trattato di San Germano doveva essere indetto un plebiscito nella zona di Klagenfurt. Tale plebiscito si svolse nell'ottobre del 1920, sotto la presidenza di un Principe italiano, don Livio Borghese. A un certo momento le minacce di elementi più o meno regolari jugoslavi divennero pressanti. L'Austria chiese aiuto all'Italia, come è documentato dal seguente telegramma spedito dal marchese della Torretta: «Questo Ministero degli Esteri (austriaco) mi comunica di urgenza che da informazioni precise gli risulta che nuovi battaglioni di fanteria e altra artiglieria sono stati inviati da jugoslavi in prossimità di Assling. In tali condizioni, il Governo austriaco insiste vivamente perché ritiro nostre truppe sia ritardato». Il che fu fatto. L'esito del plebiscito fu favorevole all'Austria. In data 14 ottobre 1920, il marchese della Torretta così telegrafava: «Signor Renner (allora cancelliere) nel comunicargli esito plebiscito mi prega di far pervenire regio governo espressione di riconoscenza per l'appoggio prestato, che ha tutelato la libertà di voto, ecc.».

(segue...)