(segue) Nemi ed Ercolano
(9 aprile 1927)
[Inizio scritto]

      Vi faccio grazia di tutte le vicende per le quali passò poi la esplorazione di Ercolano da quando il Governo di Carlo III intraprese per suo conto le indagini fino a quando il Governo di Vittorio Emanuele II riprese quelli che furono detti fino ad oggi, i «nuovi scavi». Nel prossimo maggio, alla presenza di S. M. il Re, primo incitatore all'alta impresa, cominceranno i «nuovissimi».
      Debbo confessare che se in questo momento di assestamento finanziario mi sono indotto ad un sacrificio di denaro per riprendere gli scavi di Ercolano, ciò non poté avvenire «soltanto» per risolvere qualche grave problema, di ordine architettonico ed epigrafico o antiquario o per trovare qualche nuovo resto delle antiche strutture.
      Non «soltanto» ho detto...
      E queste due parole rispondono veramente al mio pensiero. Perché non ignoro né la importanza di questi problemi né la luce che da Ercolano può venire. Ercolano non è Pompei, si è detto e si è ripetuto ad usura: perché se di Pompei fosse veramente una copia in piccolo formato, poco conto ci sarebbe a iniziare lo scavo e tanto varrebbe intensificare ancora gli scavi pompeiani. Le due città sorelle sono di fatto dissimili e ognuna di esse presenta il suo carattere peculiare e la sua fisionomia tutta propria. Diversa era la vita loro e il carattere, l'aspetto di una città è sempre il riflesso e lo specchio della vita che in essa si svolge.
      Mentre Pompei era pur sempre la vecchia città Osca romanizzata, la città di commercio per il suo retroterra, ricca ma provinciale, Ercolano, che al sopraggiungere delle nuove correnti della cultura greca aveva rinverdito le sue tradizioni elleniche, era diventata sempre più la solitaria cittadina dove trovavano riposo gli spiriti inquieti e conforto gli amici dello studio e della meditazione.

(segue...)