(segue) Agli Avanguardisti per il XXVIII Ottobre
(28 ottobre 1926)
[Inizio scritto]

      Ma, pur essendo delle nuove generazioni, grandi compiti vi attendono, poiché nel cantiere del regime fascista c'è un posto, c'è un lavoro e c'è gloria per tutti: per coloro che sono al tramonto della vita e per coloro che sono all'alba, per gli intellettuali e per i lavoratori, per i soldati e per i contadini, per tutti quelli che lavorano con disciplina, con passione, con concordia di intenti e di spiriti diretti a costruire la grande Italia. (Applausi entusiastici).
      Questa grande Italia noi tutti la stiamo costruendo giorno per giorno, pietra per pietra; non passa giorno senza che il Regime fascista si accresca di opere nuove; ormai la mole del nostro lavoro è imponente.
      Ma questo non c'induce a sostare, non c'induce ad adagiarci nella comodità rassegnata del fatto compiuto; è invece tutto ciò uno stimolo, un aculeo sempre più potente che ci sospinge verso i compiti non meno gravi e non meno gloriosi del domani.
      A questi compiti voi vi dovete preparare. Dovete voi cominciare a vivere secondo lo stile dell'italiano nuovo o nuovissimo.
      («Sì!» urlano gli avanguardisti).
      Quale è questo stile?
      Prima di tutto il lavoro, in secondo luogo la disciplina, poi il disinteresse, poi la probità della vita, poi la lealtà, la schiettezza, il coraggio. (Ovazioni).
      Tra poco sarete ospitati nelle caserme di Roma e vi verranno intorno i vostri fratelli maggiori, i vostri camerati in grigioverde. (Prorompe dai giovani un solo grido entusiastico: «Viva l'Esercito!». Il Duce risponde a voce alta: «Viva l'Esercito!
      Vi verranno incontro i soldati di quell'Esercito che a Vittorio Veneto ha scritto una pagina che non si cancellerà mai. (Nuove acclamazioni).

(segue...)