Ripercussioni dell'attentato del 7 aprile
(26 e 29 aprile - 18 maggio 1926)


      Mentre il Duce, preso dalla sua attività ininterrotta, non pensava più all'attentato del 7 aprile, le popolazioni e il Parlamento erano ancora sotto l'impressione del grave pericolo corso da Lui e dall'intera Nazione. Quando il 26 aprile 1926, Egli si recò a Milano, fu fatto segno ad un'ardente dimostrazione da una folla di oltre centomila persone assiepate, sotto la pioggia, in Piazza del Duomo: il Duce parlò alla folla da un balcone situato a destra dell'imbocco della Galleria Vittorio Emanuele.

      Camicie Nere milanesi!
      Vi ringrazio di essere venuti in numero così imponente per attestarmi la vostra simpatia, nella quale vibra l'eco delle vecchie, comuni battaglie. (Applausi vivissimi).
      L'avermi atteso sotto la pioggia, incuranti della medesima, mi rivela la vostra tempra. Credo che stareste, o Camicie nere milanesi, con la stessa impassibilità sotto il fuoco. Milano che diede nel passato le parole d'ordine del Fascismo italiano, la vecchia, nobile, possente Milano fascista, si accinge a darle nel futuro. (Nuove alte acclamazioni).


      Il Duce a questo punto accennò a ritirarsi, ma poi, in seguito alle vive acclamazioni della folla, si affacciò nuovamente e pronunciò con voce più che mai ferma queste parole:

      Camicie Nere!
      Le pallottole passano e Mussolini resta! Viva la Rivoluzione Fascista!


      Un'altra dimostrazione fu fatta al Duce alla Camera dei Deputati, alla ripresa dei lavori parlamentari, nella tornata del 29 aprile 1924. Ad essa il Duce rispose con le seguenti parole:

(segue...)