(segue) Risposta a Stresemann
(10 febbraio 1926)
[Inizio scritto]

      Del resto, il ministro Stresemann non ha fatto, con il suo, che confermare tutti i punti essenziali del mio discorso. Ha egli forse smentita la mia affermazione che l'Italia ha seguito, nel dopoguerra, una politica temperata nei confronti della Germania? No, perché non lo poteva. Ha egli smentito l'esistenza d'una campagna germanica di stampa che per mesi e mesi ha superato i limiti della più elementare decenza, nell'offendere le istituzioni ed i sentimenti più cari degli italiani? No, perché questa campagna di stampa è stata organizzata e trovava ospitalità anche nei fogli governativi, come nella Taegliche Rundschau, che ha fama non usurpata di essere ufficiosa del Ministero degli Esteri germanico.
      Ha forse l'on. Stresemann smentito la esistenza di una campagna per indurre al boicottaggio commerciale e turistico dell'Italia? No, perché questa campagna è stata fatta e continua e si acutizza, come risulta da notizie che ho ricevuto non più tardi di stamane. L'onorevole Stresemann ha voluto attenuare l'importanza di questa campagna, facendola apparire come il prodotto di piccoli gruppi di irresponsabili. L'on. Stresemann ignora dunque che la propaganda per il boicottaggio anti-italiano in Baviera è stata fatta nelle Università, negli Uffici, nelle Poste, nei mercati pubblici, sui treni? L'on. Stresemann ignora dunque che del Comitato di Sorveglianza per l'esecuzione del boicottaggio anti-italiano, fanno parte un deputato liberale, un ispettore scolastico, due professori universitari, un ex ministro della giustizia? Il signor Stresemann dunque ignora che il 29 gennaio, alcuni deputati populisti hanno presentato al Landtag prussiano la proposta di chiudere le scuole private italiane esistenti in Prussia?
      Non una parola l'on. Stresemann ha dedicato a quella parte del mio discorso, nella quale riferivo gli assurdi progetti ventilati dai capi del pangermanismo nel giugno 1918, quando, nella salda sicurezza della vittoria, riuniti in assemblea nell'Alto Adige, a Vipiteno, chiedevano non il confine tedesco a Salorno, ma ai Sette Comuni, a Desenzano, a Peschiera, alla chiusa di Verona, con l'idea di snazionalizzarne il territorio.

(segue...)