La donna e il voto
(15 maggio 1925)


      Alla Camera dei Deputati, nella tornata del 15 maggio 1925, si discusse il disegno di legge per la concessione del voto amministrativo alle donne. Su questo disegno di legge vi fu viva discussione; la stessa maggioranza non era concorde. Il Duce riassunse e concluse la discussione con il seguente discorso:

      Onorevoli Colleghi!
      Credo che la discussione può concludersi questa sera, poiché tutte le tesi sono state in quest'aula egregiamente prospettate. D'altra parte la materia del contendere è così matura che si potrebbe anche dire fradicia. Se ne discute da sessant'anni in Italia. Se ne discute oggi perché si presenta questo disegno di legge, perché non si discuta più ancora domani.
      L'argomento addotto dal mio amico Lupi, che se da sessant'anni, da Lanza in poi non si è dato il voto alla donna, è segno che questo non era sentito, non è fondato.
      Noi fascisti ci siamo trovati davanti a problemi ardui da risolvere, problemi per i quali erano stampati dei volumi in tale numero da empire intere biblioteche. Ci siamo trovati ad esempio, dinanzi alla grossa questione della unificazione della Cassazione. Nessuno aveva risolto tale questione. Ad un dato momento abbiamo dovuto noi risolvere tale problema che era stato in discussione per tanti anni.
      Intanto cominciamo col dire che la questione del voto alle donne non è questione di democrazia né di aristocrazia. Ne volete una prova? Io credo che uno dei paesi più democratici del mondo, più democratici di quelli democratici, sia la Svizzera. Ebbene la Svizzera insieme con l'Italia non ha dato il voto alle donne.
      Nessuno di voi vorrà contestare che la Spagna sia un paese rigidamente cattolico, fieramente tradizionalista, cavalleresco, legato saldamente all'istituto familiare: ebbene, la Spagna di De Rivera ha dato il voto femminile generale e non è avvenuto nessun cataclisma fino al momento attuale.

(segue...)