(segue) Al popolo di Palermo
(5 maggio 1924)
[Inizio scritto]

      Direi cosa assurda se affermassi che tutti i problemi che angustiano la vostra Isola bellissima sono stati affrontati e risolti; ma quello che con sicura coscienza vi posso dire è che la sintesi di tutti i vostri problemi è presente nella mia coscienza. E un'altra cosa voglio aggiungere, questa: ho la volontà di risolverli e li risolverò.
      Qualche cosa si è fatto, ma molto ancora resta da fare. Per fortuna, a quella che io vorrei chiamare la coscienza del dovere e della responsabilità di Governo, si aggiunge oggi l'assillo delle nuove forze e delle nuove generazioni. Siete voi, e soprattutto voi, che dovete porre con tenacia instancabile, con diligenza inflessibile i problemi della vostra Isola, in modo che da problemi regionali appaiano in un dato momento nella loro vera essenza di problemi nazionali.
      Ed ora, o popolo palermitano, voglio scendere a colloquio con te. È questo insieme costume antico, da quando i tribuni parlavano dall'arengo, e moderno perché fu ripreso a Fiume. (Grida di: Viva D'Annunzio!).
      Ebbene, o popolo palermitano, se l'Italia ti chiede ed esige da te la disciplina necessaria, il lavoro concorde, la devozione alla Patria, che cosa rispondi tu, o popolo palermitano? (Tutto il popolo prorompe in un formidabile «sì!»).
      E se domani è necessario che la valanga dei tuoi petti salga ancora, se è necessario ripulire tutto quanto non ha più ragione di esistere, sei tu pronto a marciare? (La folla prorompe in un nuovo, poderoso «sì!»).
      Popolo palermitano, sei veramente degno della tua storia e della tua gloria. Sei veramente un popolo garibaldino! Poiché non ancora furono impegnate tutte le battaglie, non ancora può dirsi finita l'opera di redenzione e di ricostruzione.

(segue...)