(segue) Al popolo di Messina
(22 giugno 1923)
[Inizio scritto]

      Messinesi!
      Il tempo in cui le isole che tanto sacrificio di sangue hanno dato alla nostra gloriosa e vittoriosa guerra erano dimenticate o trattate come colonie, questo tempo è ormai lontano, sepolto, sotterrato per sempre. La fraternità e la solidarietà nazionale non devono essere più, d'ora innanzi, soltanto delle parole per le cerimonie, ma devono essere opere concrete di solidarietà nazionale ed umana.
      L'Italia deve molto alle sue isole; la Sardegna e la Sicilia furono dimenticate purtroppo, ma queste isole dimenticate nell'ora del cimento si sono ricordate superbamente della Patria comune.
      Parto da questa vostra terra con una impressione di tristezza per ciò che ho visto a Linguaglossa, ma anche con una impressione di fierezza perché, a Linguaglossa ed altrove, ho visto una popolazione seria, tranquilla, laboriosa, veramente degna della tradizione superba della vostra isola. Ne terrò conto, e mentre vi prego di gradire l'attestazione della mia sincera e fraterna simpatia di compagno, vi invito a levare insieme il grido che riassume la nostra fede di italiani: «Viva il Re! Viva l'Italia! Viva il Fascismo!».