L'orifiamma del Nastro Azzurro
(21 aprile 1923)


      Discorso pronunciato il 21 aprile, Natale di Roma, nell'Aula Massima del Campidoglio, per la consegna dell'orifiamma all'Istituto Nazionale del Nastro Azzurro.

      Questa cerimonia sarà breve, secondo il perfetto stile fascista, e il mio non sarà un discorso! Il mio compito, del resto, è molto semplice: si tratta di consegnare questo superbo orifiamma all'Istituto Nazionale del Nastro Azzurro.
      Signori!
      L'Istituto del Nastro Azzurro è la nuova, potente aristocrazia italiana, un'aristocrazia, che è sorta da un travaglio così duro, che potrebbe giustamente essere definito un calvario. Coloro che lo compongono sono i valorosi fra i valorosi; gli ufficiali e i soldati che hanno compiuto gesta memorabili. Vorrei, o signori, richiamare la vostra attenzione sul prodigio di questo rinnovarsi della nostra razza, che balza in piedi, all'annunzio del cimento, si batte e vince!
      Se parlassi soltanto a commilitoni e non già a un pubblico più vasto, io vorrei guardare questi prodi, miei compagni di trincea, nel bianco degli occhi: sono sicuro che vi leggerei non solo l'orgoglio dell'opera compiuta, ma un senso di nostalgia. Chi è stato in trincea, vi torna spesso col pensiero, e non dimentica; chi ha fatto la guerra ricorda il periodo glorioso!
      Ecco che questo popolo è tutto guerriero! Avete visto sfilare oggi legioni, battaglioni! Era popolo, erano contadini; era tutto un esercito; era la garanzia della rivoluzione fascista!
      Passando essi volevano dire che chi si opporrà a questo travaglio del popolo italiano sarà travolto e schiantato! Da qualunque parte venga, sotto qualunque bandiera si presenti! Noi siamo duri e inflessibili! Abbiamo da salvare l'eredità dei nostri seicentomila morti, che si immolarono nel nome della Patria. E accanto a questi morti ci sono i nostri cento e cento giovanetti, che si offrirono in olocausto e caddero perché l'Italia si rinnovellasse, perché lo sforzo della guerra non andasse perduto!

(segue...)