(segue) Forza e consenso
(1 marzo 1923)
[Inizio scritto]

      Ma insomma, in che cosa consiste questo liberalismo per il quale più o meno obliquamente si infiammano — oggi — tutti i nemici del Fascismo? Liberalismo significa suffragio universale e generi affini? Significa tenere aperta in permanenza la Camera, perché offra l'indecente spettacolo che aveva sollevato la nausea generale? Significa in nome della libertà lasciare ai pochi la libertà di uccidere la libertà di tutti? Significa fare largo a coloro che dichiarano la loro ostilità allo Stato e lavorano attivamente per demolirlo? È questo il liberalismo? Ebbene, se questo è il liberalismo, esso è una teoria e una pratica di abbiezione e di rovina. La libertà non è un fine; è un mezzo. Come mezzo dev'essere controllato e dominato. Qui cade il discorso della «forza».
      I signori liberali sono pregati di dirmi se mai nella storia vi fu governo che si basasse esclusivamente sul consenso dei popoli e rinunciasse a qualsiasi impiego della forza. Un governo siffatto non c'è mai stato, non ci sarà mai. Il consenso è mutevole come le formazioni della sabbia in riva al mare. Non ci può essere sempre. Né mai può essere totale. Nessun governo è mai esistito che abbia reso felici tutti i suoi governati. Qualunque soluzione vi accada di dare a qualsiasi problema, voi — e foste anche partecipi della saggezza divina! — creerete inevitabilmente una categoria di malcontenti. Se finora non c'è arrivata la geometria, la politica meno ancora è riuscita a quadrare il circolo. Posto come assiomatico che qualsiasi provvedimento di governo, crea dei malcontenti, come eviterete che questo malcontento dilaghi e costituisca un pericolo per la solidità dello Stato? Lo eviterete colla forza. Coll'accantonare il massimo di forza. Coll'impiegare questa forza, inesorabilmente, quando si renda necessario. Togliete a un governo qualsiasi la forza — e si intende forza fisica, forza armata — e lasciategli soltanto i suoi immortali principi, e quel governo sarà alla mercé del primo gruppo organizzato e deciso ad abbatterlo. Ora il Fascismo getta al macero queste teorie anti-vitali. Quando un gruppo o un partito è al potere, esso ha l'obbligo di fortificarvisi e di difendersi contro tutti. La verità palese oramai agli occhi di chiunque non li abbia bendati dal dogmatismo, è che gli uomini sono forse stanchi di libertà. Ne hanno fatto un'orgia. La libertà non è, oggi, più la vergine casta e severa per la quale combatterono e morirono le generazioni della prima metà del secolo scorso. Per le giovinezze intrepide, inquiete ed aspre che si affacciano al crepuscolo mattinale della nuova storia ci sono altre parole che esercitano un fascino molto maggiore, e sono: ordine, gerarchia, disciplina. Questo povero liberalismo italiano, che va gemendo e battagliando per una più grande libertà, è singolarmente in ritardo. È completamente al di fuori di ogni comprensione e possibilità. Si parla di semi che ritroveranno la primavera. Facezie! Certi semi muoiono sotto la coltre invernale. Il Fascismo che non ha temuto di chiamarsi reazionario quando molti dei liberali odierni erano proni davanti alla bestia trionfante, non ha, oggi, ritegno alcuno di dichiararsi illiberale e anti-liberale. Il Fascismo non cade vittima di certi trucchi dozzinali.

(segue...)