(segue) Replica ai Senatori
(27 novembre 1922)
[Inizio scritto]

      Posso dire all'on. Barzilai che io conserverò il ministero degli esteri; in fondo il ministero dell'interno è un ministero di polizia; sono lieto di essere il capo della polizia non me ne vergogno affatto anzi spero che tutti i cittadini italiani dimenticando certi atavismi inutili riconosceranno nella polizia una delle forze più necessarie alla convivenza sociale.
      Ma soprattutto intendo di fare della politica estera che non sarà avventurosa ma non sarà nemmeno rinunciataria; certo in questo campo non c'è da aspettare il prodigio perché non si può cancellare in un colloquio sia pur drammatico di mezz'ora una politica che è il risultato di altri elementi e di un altro periodo di tempo. Io credo che nella politica estera si debba avere come ideale il mantenimento della pace; ideale bellissimo specie dopo una guerra durata quattro anni.
      Quindi la nostra politica non sarà la politica degli imperialisti che cercano le cose impossibili; ma sarà una politica che non partirà sempre necessariamente dalla pregiudiziale negativa per cui non si dovrebbe mai ricorrere all'uso della forza. È bene tener presente questa possibilità: non si può scartarla a priori perché allora voi sareste disarmati dinanzi alle altre nazioni.
      Ma non mi faccio illusioni perché per il mio temperamento disdegno tutti gli ottimismi facili; tutti quelli che vedono sempre il mondo in rosa qualche volta mi fanno ridere spesso mi fanno pietà. Io credo però di essere riuscito già a qualche cosa e credo che non sia poco che non sia scarso risultato: sono cioè riuscito a far capire agli Alleati e forse anche ad altri popoli di Europa i quali erano evidentemente rimasti ad un'Italia che ci appare alquanto vagamente preistorica all'Italia dei musei e delle biblioteche — tutte cose rispettabilissime — i quali non avevano forse ancora l'esatta visione di un'Italia quale è quella che io vedo nascere sotto i miei occhi: un'Italia gonfia di vita che si prepara a darsi uno stile di serenità e di bellezza; un'Italia che non vive di rendita sul passato come un parassita ma intende di costituire con le sue proprie forze col suo intimo travaglio col suo martirio e colla sua passione le sue fortune avvenire.

(segue...)